Sunday, October 29, 2006

Via gli infermieri dall'università

Scrive sull'ultimo numero de L'Espresso Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, per altri versi scienziato e organizzatore di molti meriti: "Abbiamo troppe facoltà che vogliono fare tutto: dalla formazione degli infermieri ai dottori di ricerca (già, il fondo del barile e l'empireo, l'alfa e l'omega, ndr) mentre bisognerebbe ben distinguere le scuole che formano tecnici da quelle che preparano i dirigenti".
Insomma, pare che la presenza degli infermieri corrompa, secondo l'esimio professore, la purezza della già pericolante università italiana. Ma guardi, caro professore, che non soltanto in Italia gli infermieri si formano all'università: accade in tutti quei Paesi avanzati, cui noi guardiamo con ammirazione.
Sul Sole Sanità mi capita poi di leggere un trafiletto rigorosamente anonimo, dal titolo "Dottori sì... col vocabolario", in cui si ironizza sul titolo di "dottore", che potrebbe essere conferito anche agli infermieri.
Più che di sottile ironia, in verità nell'articolo si fa del bieco sarcasmo di retroguardia.
Eh sì, signora mia, il mondo va prorio a rotta di collo e non ci sono più le mezze stagioni. Vuole mettere quel bell'ordine ottocentesco, in cui ognuno stava al proprio posto?

Sunday, October 22, 2006

Una nuova cultura organizzativa

Scrive il professor Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, su L'Espresso, datato 26 ottobre 2006, nell'articolo dal titolo "Veronesi Hospital":
"E' inutile acquistare apparecchiature modernissime e preoccuparsi di gestire le alte tecnologie, quando si dimentica che il vero valore aggiunto di un'impresa sono le risorse umane. Nella sanità, che non è tarata sul profitto, ma che va comunque gestita come impresa, non si può rischiare di aumentare ancora di più il gap tra evoluzione tecnologica e involuzione organizzativa. La cosiddetta umanizzazione degli ospedali (e in genere dei servizi preposti alla salute del cittadino), comincia proprio con l'interesse partecipativo di chi ci lavora, ed è certo che non si può raggiungere la qualità delle cure se non si fa passare una cultura nuova, di valorizzazione professionale di medici, biologi, tecnici e infermieri. Con una novità molto più umanizzante delle volenterose piante verdi che stanno comparendo un po' dappertutto: la formazione dei curanti dovrà avere come punto di riferimento la persona nel suo complesso e non solo la preparazione scientifica e tecnico-operativa. Ma la qualità di queste relazioni dipende molto spesso dalle condizioni di lavoro riservate al personale: contano condizioni come il coinvolgimento, la formazione, l'aggiornamento continuo professionale, la capacità del direttore di divisione di fare squadra, di stimolare motivazioni intellettuali e creare un'organizzazione che cura con grande attenzione la continua crescita professionale".
Si tratta di opinioni largamente condivisibili, che sfondano porte aperte. Purtroppo, anche nelle realtà dove sono propagandate, si rivelano spesso vuote formule, parole d'ordine che rimangono nella lettera, ma non nello spirito, verbi che non si fanno mai carne.
Siamo, ahinoi, ancora lontani anni luce da una cultura organizzativa davvero nuova, estranea all'arroganza, all'immobilismo e ai privilegi.

Friday, October 20, 2006

Lontani dai malati

"Nella sanità in alcune regioni più di un quarto degli infermieri si mette in malattia e può essere adibito solo a funzioni di ufficio, lontano dalle corsie, dai malati".
Questo scrive Tito Boeri, valente economista su La Stampa di oggi ("Finanziaria inadeguata"), segnalando, a suo modo di vedere, una delle emergenze del sistema-paese. E certo si tratta di un fenomeno su cui bisogna seriamente riflettere.
Aggiungendo però, per completare il quadro e per amore di verità, che molti infermieri animati da competenza e buona volontà, con la possibilità di fare di più per i malati, sono frenati da ambienti organizzativi obsoleti, zero autonomia, salari bassi, scarsi incentivi e minime possibilità di migliorare la propria posizione professionale.
Senza una visione più articolata e senza mettere mano a una revisione più radicale di quella che è oggi l'organizzazione sanitaria italiana, con le sue rendite di posizione e i privilegi feudali di cui godono talune categorie e taluni personaggi, non si va comunque molto lontano. E' come volere curare il cancro con l'aspirina.

Saturday, October 07, 2006

Stress in aumento per medici e infermieri

E' quanto è emerso da una ricerca condotta dal centro di formazione Albert Schweitzer in 5 ospedali piemontesi (Asl Verbano-Cusio-Ossola, Asl di Chieri-Moncalieri-Carmagnola, ospedali Molinette, Regina Margherita e Sant'Anna di Torino), su un campione di oltre 5000 operatori sanitari.
Lo stress risulta causato soprattutto dagli orari e dai ritmi di lavoro, da un'insufficiente libertà personale, dall'aggressività e invadenza da parte di pazienti e familiari, ma anche dal sensazionalismo sulla cosiddetta "malasanità", dall'assenza di meritocrazia, dal reddito insufficiente e dalla solitudine.

Saturday, September 30, 2006

In aumento le aggressioni fisiche e verbali agli operatori sanitari

A lanciare l'allarme sono statistiche spagnole. Le autorità e le organizzazioni preposte hanno messo in atto dei programmi per contenere il fenomeno, che si manifesta in forme anche gravi di intimidazione e violenza e che riconosce varie radici, non ultima il disadattamento sociale degli aggressori. I programmi contengono training per migliorare la comunicazione e gestire le situazioni di crisi, rivolti agli operatori stessi, ma c'è chi, come la Sociedad Espanola de Medicina General, ricorre a rimedi più drastici: "Il sistema deve far capire al paziente (e ai suoi familiari, ndr) che nessun atto violento. verbale o fisico, gli procurerà vantaggi, anzi dovrà essere perseguito penalmente e amministrativamente, per esempio, mediante la sospensione temporanea del diritto all'assistenza sanitaria garatuita".
Come non essere d'accordo. Il cittadino, prima di essere blandito, dovrebbe, a mio avviso, essere responsabilizzato. Forse è un modo più onesto per restituirgli dignità che non infantilizzandolo e trattandolo come un consumatore viziato, così come spesso si tende a fare oggi. Un'opinione personale, s'intende.

Wednesday, September 27, 2006

Cure and care

Si ritiene che gli infermieri migliori siano quelli che lavorano nei reparti ipertecnologici, laddove la posta in gioco, la vita del paziente, è alta e la sfida per sconfiggere la malattia acuta, "eroica" ed entusiasmante. Ed è senz'altro vero che prestare la propria attività in contesti operativi, come ad esempio la terapia intensiva, la rianimazione, la sala operatoria, il pronto soccorso, la medicina d'urgenza, richiede abilità e competenze non comuni.
Ma è altrettanto vero che la cultura occidentale deve apprestarsi a valorizzare altre prerogative: il prendersi cura del paziente nella sua totalità, la continuità assistenziale, il lavoro routinario, ma prezioso, che caratterizzano l'assistenza di un'altra tipologia di paziente: l'anziano, il disabile, il malato terminale, il paziente cronico.
Anzi, proprio i bisogni e i problemi evidenziati dalla condizione di cronicità costituiscono l'incognita più impellente per i sistemi sanitari occidentali. L'aumento delle patologie degenerative e l'invecchiamento della popolazione richiedono risposte indilazionabili. I sistemi sanitari hanno bisogno, oggi più che mai, di infermieri preparati, capaci di rispondere con efficienza, prontezza e qualità alle nuove esigenze della popolazione.

Tuesday, September 26, 2006

"E' il personale infermieristico la vera anima degli ospedali e la loro presenza è fondamentale"

Si tratta della conclusione cui è giunta una ricerca svolta presso la School of Public Healt dell'Università della California, Los Angeles, da Jack Needleman e collaboratori (Needleman J, Buerhaus PI et al. Nurse staffing in hospital: is there a business case for quality? Health Affairs 2006; 25(1): 204-211).
Un numero congruo di infermieri diplomati e l'incremento degli investimenti sull'assistenza infermieristica in termini di ore lavorate riduce il numero di pazienti deceduti, la durata delle degenze e l'incidenza delle complicanze legate al ricovero. Eccellenti risultati si ottengono anche dotando gli infermieri di adeguato personale di supporto.

Monday, September 25, 2006

Chirurgia e Formula1

I giornali riportano la notizia che il primario di chirurgia di un ospedale di Londra si è rivolto ad alcuni team di Formula 1, fra i quali anche quello della Ferrari, per migliorare i sincronismi tra medici e infermieri durante gli interventi chirurgici. Non ci trovo niente di male, anzi, mi sembra un'ottima idea. La modernità è fatta di contaminazione tra discipline e saperi diversi e cosa, meglio dello sport, sempre alla ricerca del primato e dell'eccellenza, può aiutare a migliorare le performance.

Il clima organizzativo

Le riviste specializzate pongono sempre maggiore enfasi sulla valutazione del clima organizzativo. Personalmente non condivido tutto questo trionfalismo. Mi è capitato, almeno un paio di volte, di partecipare a questo tipo di inchiesta. E poi, compilati i questionari, cosa succede?... Qualche volta, non sempre, vengono mostrati i (pessimi) risultati, dandone non di rado interpretazioni interessate e distorte. Quello che conta è che in concreto non cambia assolutamente nulla. D'altronde trovo che non abbia senso diagnosticare un disagio se poi non si interviene con efficacia e determinazione su quelle che, con gentile eufemismo, sono chiamate "criticità". Serve soltanto a produrre ulteriore frustrazione e demotivazione. Purtroppo la verità è che nelle aziende c'è ancora poca democrazia. Di peggio: si tollerano e si premiano di frequente atteggiamenti e comportamenti che incidono negativamente sulla serenità di chi lavora e quindi sulle prestazioni, sulla produttività, sui costi. In ultima analisi, sulle tasche dei cittadini. Sarò uno che borbotta su tutto, un bastian contrario, ma mi sembra ci sia ancora molta strada da fare per raggiungere una modernità che non sia soltanto di facciata.

Tendenze

Di fronte alla crescita del numero di anziani e di malati cronici, la sanità del futuro, nei paesi a più elevato sviluppo economico, prevede una deospedalizzazione delle cure a favore di interventi di assistenza da erogare sul territorio. Crescerà l'importanza strategica del medico di medicina generale e quella dell'infermiere che, per ragioni di costi e di organizzazione, assumerà responsabilità e funzioni fino ad ora esercitate dalla classe medica.

Fuga dalla corsia

In un articolo, di cui poco condivido l'ideologia di fondo, trovo però uno spunto interessante. L'articolo cui mi riferisco, intitolato "Miseria e...nobiltà", è pubblicato sul sito Il Pane e le Rose. Scrive, fra l'altro, l'autore: "Tutti quelli che fanno della professionalità il monotema per l'azione sindacale non denunciano mai la 'fuga dalle corsie' dove dovrebbe finalizzarsi tanta professionalità e 'tanto sapere'. Cresce così l'esercito degli impiegati-infermieri, insegnanti-infermieri, dirigenti-infermieri, .......-infermieri ma diminuiscono gli infermieri-infermieri". Eh sì, tutta la retorica che si fa sulla formazione infermieristica e la centralità dell'infermiere dovrebbe mirare quasi esclusivamente al miglioramento dell'assistenza diretta alla persona e quindi alla valorizzazione (anche economica) dell'infermiere-infermiere. Già Ivan Illich, nel suo indimenticabile saggio Nemesi medica, aveva messo in guardia dal lievitare dei costi e dalla scarsa efficacia, ai fini del miglioramento della salute dei cittadini, determinati dalla creazione, in ambito sanitario, di una pletora di passacarte, dai compiti non sempre ben definiti. E' certamente una conquista che l'infermiere si dedichi anche a compiti non direttamente assistenziali, ma si dovrebbe sempre valutare, con cura e rigorosità, l'efficienza, l'efficacia e la necessità dei ruoli ricoperti, in ossequio alla così giustamente decantata, ma poco praticata, Medicina (e Infermieristica) basata sulle Evidenze.

Fuori i parenti!

Un tempo, ma sarebbe meglio dire che la pratica vige tuttora in talune realtà, esistevano infermieri (ma più spesso era la caposala), la cui abilità precipua consisteva nel mantenere l'ordine e la disciplina in reparto, facendo rispettare in maniera rigida gli orari delle visite, talvolta persino riducendoli con zelo. Insomma, l'autorità di mandar fuori i familiari dei malati era molto apprezzata, non di rado dagli stessi vertici gerarchici. I parenti, o visitatori come oggi con maggiore eleganza vengono chiamati, non vanno idealizzati: è vero, a volte con le loro continue richieste, turbano lo svolgimento delle normali attività di reparto e, in taluni casi, si spingono anche oltre. Tuttavia il malato li attende con trepidazione, li vede con piacere. Giocano, insomma, un ruolo positivo nel processo di cura e, quando possibile, di guarigione. "Fuori i parenti!" è un ordine destinato a risuonare sempre meno nelle nostre corsie. Una ricerca, infatti, condotta presso l'Unità di cura intensiva cardiologica geriatrica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, Firenze, (N. Marchionni, "Più salute con le corsie aperte", Sole Sanità 7-13 marzo 2006) dimostra che, se da un lato non è vero che un afflusso più protratto dei familiari incide negativamente sulla frequenza delle infezioni, è invece provato che orari più ampi di accesso riducano le complicazioni cliniche, fatte salve, naturalmente, le normali precauzioni di salvaguardia dell'igiene ambientale. I risultati sono corroborati da altri lavori scientifici statunitensi. La presenza dei familiari riduce l'ansia dell'ammalato e, di conseguenza, l'increzione degli ormoni dello stress.

La spesa sanitaria italiana al di sotto della media dei paesi sviluppati

Sfatato un luogo comune, che vuole la spesa sanitaria italiana totalmente fuori controllo, un pozzo senza fondo che grava sulle tasche dei contribuenti. La realtà non è esattamente questa: in verità spendiamo, in rapporto al Pil, meno di Stati Uniti, Svizzera, Germania, Francia, Islanda, Belgio, Grecia, Portogallo, Canada, Norvegia, Austria, Australia, Olanda, Svezia e Danimarca. Un misero 8,4%, inferiore all'8,9% del Pil della media dei paesi sviluppati. Poco sopra la Turchia, insomma. Scrive il Sole Sanità del 4-10 luglio 2006: "L'Ocse, nel suo rapporto annuale, pone la spesa sanitaria italiana al di sotto della media dei Paesi industrializzati. Ma, sottolinea, ci sono troppi medici e si spende troppo per farmaci". Un sospetto: non è che una delle prime voci di risparmio sia da noi la bassa retribuzione degli infermieri?

Conquiste della professione

Quando un dirigente parla di "grande conquista per la professione", a proposito di qualche nuova carica a disposizione nell'organigramma aziendale, non si riferisce in genere a un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dell'intera categoria, ma alla sua propria personale carriera e alla possibilità di ottenere per sé privilegi e prebende. Purtroppo capita ancora di frequente che i più feroci oppressori degli infermieri siano altri infermieri.

Fantozzi in corsia

Chiedo il permesso di assentarmi tre ore per partecipare a un corso di aggiornamento, che mi hanno quasi obbligato a frequentare. Se perdo questa lezione, addio crediti ECM. I colleghi sanno di cosa parlo. Naturalmente mi rispondono di no. Ben mi sta. In vent'anni di lavoro avrò usufruito di due giorni di permesso retribuito, da anni non faccio un giorno di malattia. Comunque mi rispondono di no. Eppure ci sono in servizio altri 5 infermieri e 4 OSS. Ma se manco io pare che l'ospedale si fermi. Può assentarsi il primario, i medici, i tecnici, la caposala, la dirigente, gli OSS e tutto procede per il meglio. Ma io non posso mancare. OK: domani chiedo un colloquio col direttore: se sono io che sostengo l'ospedale esigo che mi venga almeno triplicato lo stipendio.

Infermieri, più salute quando ci sono

Così titola un trafiletto comparso su Repubblica l'11/05/2006, che riporto per intero: "Si celebra domani, venerdì 12, la 'Giornata internazionale dell'infermiere'. Una figura professionale che nel tempo ha acquistato un ruolo di primo piano. Ciononostante qui da noi, come nel resto del mondo, la mancanza di infermieri sta diventando un'emergenza. Come ha sottolineato al riguardo l'Oms lo scorso 7 aprile durante la 'Giornata mondiale della salute'. Varie ricerche dimostrano che la mancanza di personale sanitario allunga il periodo di degenza dei pazienti. Così domani sarà l'occasione per l'Ipasvi (la Federazione italiana dei collegi infermieri) per chiedere che vengano pianificate con più attenzione le risorse umane a garanzia della salute dei cittadini".

L'infermiere della dignità

Le autorità sanitarie inglesi hanno deciso di istituire una nuova figura, una sorta di infermiere della dignità, col compito di salvaguardare la qualità dell'assistenza sanitaria erogata dal Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ai pazienti anziani e tutelandone, soprattutto, la dignità, intervenendo nel caso degli ancora troppo frequenti abusi. Ne dà notizia Il Sole 24 ore Sanità, nel numero 2-8 maggio 2006, (due gli articoli sull'argomento: "Arriva l'infermiere 'difensore' degli over 65" a pagina 16 e, in prima pagina, "La dignità dell'infermiere"). Adeguatamente formati, "a questi infermieri" spetta "il compito di estirpare ogni forma di abuso e assicurare che i bisogni dei pazienti anziani siano adeguatamente ascoltati dallo staff. E un ruolo analogo sarà ritagliato anche fra gli infermieri che si occupano dell'assistenza domiciliare, per garantire uniformità nelle cure in ospedale o a casa".

In Italia 20mila infermieri stranieri

Ecco come riporta la notizia il Corriere della Sera del 3 maggio 2006:PALERMO - Sono ventimila i cittadini immigrati che lavorano come infermieri. Lo afferma un'indagine della Simm (Societa' italiana di medicina delle migrazioni) in collaborazione con Caritas/Migrantes, presentata a Palermo durante la IX Consensus conference sull'immigrazione. Secondo l'indagine, il 70% di questi lavoratori e' stato assunto nel Nord Italia: si tratta in prevalenza di donne di eta' compresa tra i 25 e i 35 anni, che parlano correttamente la lingua italiana e provengono da Tunisia, Marocco, Romania, Bulgaria, Polonia ma anche da Peru' ed Ecuador. L'esigenza di assumere infermieri immigrati e' emersa negli ultimi anni. In Italia, infatti, a differenza dei paesi industrializzati, i medici sono piu' numerosi (354.000) degli infermieri (342.000).

Crisi mondiale della Sanità

E' quanto denuncia Repubblica commentando la Giornata mondiale della salute, celebratasi in tutto il mondo il 7 aprile scorso. In particolare, nei paesi in via di sviluppo, mancano medici, infermieri, educatori, preparatori, amministratori sanitari e operatori di supporto oltre che le necessarie strutture. Secondo gli esperti, la salute di una popolazione è strettamente correlata al Prodotto interno Lordo (PIL) di una nazione. Si può pertando immaginare il disastro sanitario di quelle popolazioni dell'Africa subsahariana, dove si vive con meno di un dollaro al giorno. "Tra i maggiori aspetti di salute globale", riporta l'Agenzia Giornalistica Europea (AGE) "vi sono la prevenzione ed il controllo delle epidemie, la rapida individuazione ed il controllo delle malattie infettive emergenti, la sicurezza alimentare, la salute delle malattie cardiovascolari, l'impatto della migrazione sulla salute pubblica, l'AIDS, la malaria".

Sviluppare le nursing homes e l'assistenza infermieristica domiciliare

E' quanto, dalle colonne di Repubblica, chiede al Governo che subentrerà all'attuale Annalisa Silvestro, presidente della Federazione Nazionale dei Collegi degli Infermieri. Una maggiore attenzione alla qualità delle cure sanitarie richiederà la valorizzazione della figura dell'infermiere, risorsa strategica in particolare nella gestione dei bisogni sanitari dei pazienti dimessi dagli ospedali.