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Infermieri in fuga dalla laurea: più posti che candidati

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  Secondo un recente articolo de Il Sole 24 Ore , quest'anno per la prima volta il numero di domande per i corsi di laurea in Infermieristica non copre i posti disponibili. Con oltre 58.000 posti messi a bando in 41 atenei pubblici, solo circa 33.700 candidati hanno partecipato ai test di ammissione. Questo squilibrio evidenzia una crescente disaffezione verso la professione infermieristica, nonostante la carenza di almeno 70.000 infermieri nel Servizio Sanitario Nazionale. Le cause principali di questa fuga includono stipendi bassi, turni massacranti, scarse prospettive di carriera e un riconoscimento professionale insufficiente. Inoltre, la riforma del corso di laurea in Medicina, con l'introduzione del "semestre filtro", potrebbe spingere alcuni studenti fuori graduatoria a orientarsi verso Infermieristica, sebbene l'effetto sia ancora incerto. Per affrontare questa crisi, il governo italiano ha previsto nella legge di bilancio 2025 un investimento di 2 mili...

L’ultimo turno: riflessioni sulla crisi dei lavori di cura

Negli ospedali, nelle scuole, nelle case di riposo, nei servizi sociali, c’è un filo sottile che tiene insieme la nostra società: sono i lavori di cura. Infermieri, badanti, terapeuti, insegnanti, assistenti sociali… senza di loro, il nostro presente sarebbe più fragile e il nostro futuro in pericolo. Eppure, questi mestieri, fondamentali, continuano a essere poco riconosciuti e scarsamente remunerati. Come spiega Riccardo Maggiolo nel suo articolo su HuffPost   ( L'ultimo turno. Diagnosi di una società vecchia e malata che nessuno cura ), il problema non è solo economico: è culturale. Il valore di un intervento salvavita, di un supporto educativo o di un aiuto concreto a chi è fragile, è incalcolabile. Ma genera poco profitto diretto. Di contro, lavori che producono risultati facilmente misurabili – anche se spesso marginali – sono premiati. C’è poi una questione morale: chi lavora nella cura deve spesso andare oltre il dovere, perché ciò che fa coinvolge direttamente la vi...

Infermieri in fuga: la sanità italiana è a rischio collasso

Ogni anno, circa 10.000 infermieri lasciano il servizio sanitario nazionale. La causa? Pochi soldi, troppo lavoro e zero prospettive. Le corsie degli ospedali sono sempre più vuote, i turni si allungano e la carenza di personale è ormai cronica. Nonostante il recente incentivo fiscale sugli straordinari, la situazione non migliora. I giovani evitano la professione e i sindacati denunciano una crisi strutturale che mina la qualità dell'assistenza e la sicurezza dei pazienti. È urgente un cambio di rotta: investire in formazione, migliorare le condizioni di lavoro e valorizzare la professione infermieristica sono passi fondamentali per evitare il collasso del sistema sanitario.

“L’ultimo turno di un’infermiera”: finalmente un film che racconta la nostra realtà

Chi lavora nel mondo dell’assistenza sanitaria sa bene che ci sono giornate che sembrano non finire mai. Turni massacranti, reparti sotto organico, corse contro il tempo, decisioni da prendere al volo. È raro però che il cinema riesca a raccontare tutto questo in modo autentico. Con L’ultimo turno di un’infermiera (titolo originale Heldin ), la regista Petra Volpe ci riesce. Il film – presentato alla 75ª Berlinale e in uscita in Italia ad agosto 2025 – ci catapulta in un turno notturno di Floria, giovane infermiera di chirurgia, interpretata da una straordinaria Leonie Benesch . In meno di due ore, viviamo con lei il caos, la responsabilità, il senso di impotenza e, soprattutto, l’invisibilità che spesso accompagna il nostro mestiere. Un film girato col respiro corto Petra Volpe – già nota per film ad alto impatto sociale – costruisce un racconto che non concede tregua. Inquadrature serrate, piani sequenza che restituiscono il fiato corto, ambienti opprimenti. Chi ha vissuto certe...

Il mito dei 10.000 passi: la scienza lo smonta

Un recente studio internazionale pubblicato su The Lancet (coordinato dall’Università di Sydney) rivela che non serve camminare 10.000 passi al giorno per stare in salute: ne bastano circa 7.000 . È quanto emerge da una meta-analisi su 57 studi condotti tra il 2014 e il 2025, considerati paesi diversi (Australia, USA, UK, Giappone) ( Corriere della Sera ). 📌 Perché questa cifra? La soglia dei 10.000 passi nacque negli anni Sessanta come campagna pubblicitaria per vendere un contapassi in Giappone (il modello “Manpo‑Kei”) ed è rimasta un mantra popolare, ma priva di reali evidenze cliniche ( AEMMEDI ). I benefici più robusti si registrano già attorno ai 7.000 passi al giorno, e oltre questa soglia miglioramenti aggiuntivi sono modesti sul fronte della mortalità generale ( Corriere della Sera ). 🧠 Benefici specifici emersi 🔹 Mortalità generale: 4.000 passi/giorno già riducono significativamente il rischio di morte per qualunque causa ( Corriere della Sera ). La rid...

Come migliorare la collaborazione medico-infermiere e rendere sicura la gestione della terapia

Un lavoro di squadra per curare meglio e sbagliare meno Uno degli aspetti più delicati e decisivi nella vita di reparto è la collaborazione tra medici e infermieri . Quando funziona, tutto fila liscio: il paziente riceve cure più efficaci, l’ambiente è sereno, il team lavora con più motivazione. Quando invece la comunicazione è carente o confusa, aumentano i malintesi, i ritardi, gli errori terapeutici. Ecco allora alcune buone pratiche che possono fare la differenza. 1. Servono fiducia e rispetto reciproco Per collaborare davvero, non bastano l’educazione o la gentilezza. Serve creare un clima di fiducia reciproca , dove ognuno conosce il proprio ruolo ma si sente libero di parlare, fare domande, proporre soluzioni. Gli infermieri devono sentirsi ascoltati, i medici devono poter contare sul nostro sguardo clinico costante. Quando ci si stima, si lavora meglio. 2. Usiamo un linguaggio chiaro e strutturato Una delle tecniche più efficaci per migliorare la comunicazione è usa...

Il SSN al collasso? Fra carenze strutturali, illusioni tecnologiche e la necessità di una riforma radicale

Il recente editoriale di Sergio Harari pubblicato sul Corriere della Sera fotografa con lucidità la deriva del Servizio Sanitario Nazionale, da tempo sotto stress e ormai al limite della sostenibilità. Le soluzioni tampone – come l'importazione accelerata di personale sanitario da altri Paesi, spesso poco formato e impreparato ad affrontare la complessità del contesto italiano – rivelano la profondità di una crisi sistemica che non si può più ignorare. Il SSN non è solo in affanno. È malato. E non si può curare con cerotti. Un problema di risorse. Ma non solo Il refrain è noto: mancano risorse economiche. Gli stipendi di infermieri e medici sono fra i più bassi d’Europa, il turn over è stato a lungo bloccato, le assunzioni sono spesso a tempo determinato e il burnout colpisce con una frequenza ormai endemica. Ma la crisi non è solo quantitativa . È qualitativa. Perché non basta assumere più personale: serve personale formato, motivato, integrato in un sistema organizzato e meritoc...