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Thursday, August 22, 2024

L'organizzazione che apprende: Un modello di crescita per i team infermieristici

Nel contesto sanitario attuale, in continua evoluzione e complessità, la capacità di adattarsi e imparare è diventata essenziale per garantire cure di alta qualità. Un concetto chiave per raggiungere questo obiettivo è quello dell’“organizzazione che apprende”. Questo modello, sviluppato e reso popolare da Peter Senge nel suo libro "La quinta disciplina", si riferisce a un’organizzazione che facilita l’apprendimento continuo dei suoi membri e si evolve costantemente per migliorare la propria efficacia.


Cosa significa per un team infermieristico?


Applicare il concetto di organizzazione che apprende a un team infermieristico o a un'unità di cura significa costruire un ambiente di lavoro in cui ogni membro del team è incoraggiato non solo a svolgere i propri compiti, ma anche a partecipare attivamente alla crescita collettiva. Questo si traduce in una serie di pratiche che includono la condivisione delle conoscenze, la riflessione sulle esperienze quotidiane e l’apertura al cambiamento e all’innovazione.


Principi chiave dell'Organizzazione che Apprende


1. Pensiero sistemico: Per un reparto ospedaliero o un servizio territoriale, adottare un approccio sistemico significa vedere l’intero quadro, comprendendo le interconnessioni tra le diverse attività e processi. Ad esempio, un errore di comunicazione tra infermieri e medici non è un problema isolato ma può essere il sintomo di una questione più ampia legata alla gestione delle informazioni. Affrontare tali problemi richiede una comprensione sistemica e interventi che migliorino l’intero processo, non solo la singola fase.


2. Padronanza personale: Ogni infermiere dovrebbe essere incentivato a migliorare continuamente le proprie competenze e conoscenze. Questo non solo arricchisce il singolo professionista, ma accresce anche l’intero team. Per esempio, un infermiere che segue un corso di aggiornamento sulle tecniche avanzate di assistenza potrebbe condividere le nuove conoscenze con i colleghi, elevando così il livello di competenza dell’intero reparto.


3. Modelli mentali: Questi sono gli schemi di pensiero che influenzano come interpretiamo il mondo. Nel contesto infermieristico, può significare sfidare le convinzioni radicate, come quelle riguardanti le gerarchie rigide tra medici e infermieri, per promuovere una cultura di collaborazione e rispetto reciproco. I modelli mentali devono essere riconosciuti e, se necessario, modificati per favorire un ambiente più inclusivo e dinamico.


4. Visione condivisa: Un team funziona meglio quando tutti i membri condividono obiettivi comuni. In un’unità di cura, questo potrebbe tradursi in un impegno collettivo verso la qualità dell’assistenza al paziente. Ogni infermiere, dal novizio al più esperto, dovrebbe sentirsi parte di una missione comune che va oltre i compiti quotidiani, mirando a migliorare continuamente le pratiche assistenziali.


5. Apprendimento di gruppo: Un team infermieristico che apprende insieme crea un patrimonio comune di conoscenze ed esperienze. Le riunioni periodiche, i debriefing dopo casi particolarmente complessi, e le discussioni aperte sulle pratiche assistenziali sono strumenti fondamentali per facilitare questo apprendimento condiviso.


Applicazione pratica in un Reparto o Servizio Territoriale


In un reparto ospedaliero o in un servizio territoriale, la creazione di un’organizzazione che apprende richiede iniziative concrete. Ad esempio, si potrebbero organizzare gruppi di studio interni su argomenti specifici di interesse, come la gestione del dolore o l’assistenza a pazienti con malattie croniche. Un altro approccio potrebbe essere l’implementazione di un sistema di mentorship, in cui gli infermieri più esperti guidano i nuovi arrivati, creando un circolo virtuoso di trasferimento delle conoscenze.


Inoltre, la tecnologia può giocare un ruolo cruciale. Utilizzare piattaforme digitali per condividere informazioni, tenere webinar o creare un archivio digitale di casi clinici permette di estendere l’apprendimento oltre le mura del reparto.


Vantaggi per i pazienti e per il team


L’adozione di una mentalità di apprendimento continuo non solo migliora la qualità delle cure offerte, ma aumenta anche la soddisfazione lavorativa degli infermieri. Un ambiente che valorizza la crescita personale e collettiva riduce il burnout, favorisce la coesione del team e aumenta il senso di appartenenza e di responsabilità. Per i pazienti, questo si traduce in un’assistenza più sicura, efficace e centrata sui loro bisogni.


Conclusione


Il concetto di organizzazione che apprende offre un modello potente per trasformare i team infermieristici e le unità di cura in ambienti dinamici e resilienti. In un settore in cui il cambiamento è l’unica costante, investire nell’apprendimento continuo non è solo una scelta intelligente, ma una necessità per garantire il miglioramento costante delle pratiche assistenziali e della qualità delle cure fornite ai pazienti.

Tuesday, July 09, 2024

Strategie organizzative per la sostituzione degli infermieri assenti

La gestione delle assenze degli infermieri per malattia, ferie o dimissioni rappresenta una sfida significativa per le organizzazioni sanitarie, che devono garantire la continuità dell'assistenza senza gravare eccessivamente sul bilancio economico e sul benessere del personale. La letteratura scientifica offre diverse soluzioni per affrontare efficacemente questa problematica, evitando di sovraccaricare gli infermieri chiamati a coprire le assenze per brevi periodi.


Modelli di staffing e redistribuzione del personale


Uno studio propone una strategia di staffing basata su fattori come la cultura dell'unità, il carico di lavoro a breve termine e il tipo di turno per spiegare l'assenteismo degli infermieri. Questa strategia mira a sviluppare un modello economico per l'adattamento dei livelli di staffing e la redistribuzione degli infermieri tra più unità ([Wang & Gupta, 2012](https://dx.doi.org/10.1016/j.outlook.2011.05.019)). Inoltre, l'uso di indicatori di intensità del lavoro infermieristico come strumenti di supporto decisionale può aiutare nella riorganizzazione del lavoro ospedaliero, garantendo un personale costante e mantenendo alta la soddisfazione dei pazienti ([Briatte et al., 2019](https://dx.doi.org/10.1186/s12913-019-4376-7)).


Prevenzione dell'assenteismo attraverso il benessere mentale


Interventi mirati e ben progettati per la salute mentale sul posto di lavoro possono migliorare gli esiti di salute mentale tra i lavoratori sanitari, riducendo così l'assenteismo a breve termine. Questi interventi possono includere supporto psicologico, programmi di benessere e formazione sulla gestione dello stress ([Oregon et al., 2024](https://dx.doi.org/10.1093/occmed/kqae023.0773)).


Incentivi e flessibilità lavorativa


Gli incentivi per la partecipazione, come migliori condizioni di lavoro e opportunità di sviluppo professionale, possono ridurre l'assenteismo. È stato dimostrato che i precedenti record di partecipazione, gli atteggiamenti lavorativi e i fattori di ritenzione influenzano positivamente la riduzione dell'assenteismo tra gli infermieri ([Davey et al., 2009](https://dx.doi.org/10.1111/j.1365-2834.2008.00958.x)). Inoltre, offrire flessibilità lavorativa e orari adattabili può aiutare a mantenere un ambiente di lavoro sano e a ridurre lo stress associato alla copertura delle assenze.


Utilizzo di personale di supporto e volontari


L'utilizzo di infermieri volontari o personale di supporto, come assistenti sanitari, può essere una soluzione efficace per coprire le assenze a breve termine senza gravare eccessivamente sugli infermieri regolari. Questa strategia può ottimizzare le risorse disponibili e garantire la continuità dell'assistenza senza aumentare lo stress lavorativo ([Elpern & Disch, 2018](https://dx.doi.org/10.1097/01.NAJ.0000544168.54101.e1)).


Conclusioni


Le organizzazioni sanitarie devono adottare un approccio multifattoriale per gestire le assenze degli infermieri in modo efficace. L'implementazione di modelli di staffing adattabili, interventi per il benessere mentale, incentivi e flessibilità lavorativa, nonché l'uso di personale di supporto e volontari, può contribuire a mantenere un ambiente di lavoro sano, ridurre lo stress e garantire un'assistenza di alta qualità ai pazienti. Queste misure non solo migliorano la sostenibilità economica delle organizzazioni, ma preservano anche il benessere del personale infermieristico, fondamentale per il successo a lungo termine del sistema sanitario.

Monday, July 08, 2024

Gestione delle Urgenze nei Sistemi Sanitari a Risorse Scarse: Le Unità di Emergenza-Dedicate e altre Soluzioni

Introduzione


Nei sistemi sanitari con risorse limitate, gli organici infermieristici ridotti rappresentano una sfida significativa. Quando si verificano urgenze o emergenze improvvise, gli infermieri possono trovarsi in difficoltà nel gestire le criticità senza trascurare le cure di routine per gli altri pazienti. Un'interessante soluzione sperimentata in alcuni ospedali statunitensi è l'implementazione di unità di emergenza-urgenza dedicate. Questo articolo esplora l'efficacia di queste squadre specializzate e discute altre possibili soluzioni per affrontare la gestione delle criticità con risorse limitate.


Unità di Emergenza-Dedicate


Le unità di emergenza-urgenza dedicate sono team specializzati pronti a intervenire rapidamente in caso di emergenze all'interno dell'ospedale. Queste squadre possono essere attivate non solo dagli infermieri, ma anche dai pazienti stessi o dai loro familiari, garantendo un supporto tempestivo e specializzato.


Evidenze e Risultati:

- Efficacia: Diversi studi hanno dimostrato che l'implementazione di queste unità migliora significativamente gli esiti clinici. Un'analisi pubblicata sul Journal of Hospital Medicine ha riportato una riduzione del tasso di mortalità ospedaliera e degli eventi avversi non fatali grazie all'intervento tempestivo delle unità di emergenza-urgenza ([Morrison et al., 2016](https://doi.org/10.1002/jhm.2584)).

- Soddisfazione del Personale e dei Pazienti: L'integrazione di queste squadre ha aumentato la soddisfazione sia degli infermieri, che si sentono supportati nelle situazioni critiche, sia dei pazienti e dei loro familiari, che percepiscono una maggiore sicurezza e attenzione alle loro necessità.


Altre Soluzioni per la Gestione delle Criticità


Oltre alle unità di emergenza-urgenza dedicate, esistono altre strategie che possono essere adottate per migliorare la gestione delle criticità negli ospedali con risorse limitate:


1. Pianificazione Flessibile del Personale

   - Descrizione: Creazione di un sistema di turnazione flessibile che permetta di aumentare il personale in base alle esigenze del momento.

   - Vantaggi: Maggiore adattabilità alle emergenze, riduzione del carico di lavoro durante i picchi di attività.


2. Formazione Continua e Simulazioni

   - Descrizione: Implementazione di programmi di formazione continua e simulazioni di emergenze per migliorare la prontezza del personale infermieristico.

   - Vantaggi: Migliore preparazione e competenza nella gestione delle situazioni critiche.


3. Tecnologie di Supporto

   - Descrizione: Utilizzo di tecnologie avanzate, come i sistemi di monitoraggio remoto e le applicazioni di triage digitale, per ottimizzare la gestione delle emergenze.

   - Vantaggi: Migliore monitoraggio dei pazienti, identificazione precoce delle criticità.


4. Collaborazione Interdisciplinare

   - Descrizione: Promozione di una maggiore collaborazione tra infermieri, medici e altri professionisti sanitari per affrontare le emergenze in modo più coordinato.

   - Vantaggi: Migliore gestione delle risorse, interventi più rapidi ed efficaci.


5. Supporto Psicologico per il Personale

   - Descrizione: Fornitura di supporto psicologico per il personale infermieristico per prevenire il burnout e mantenere alta la qualità delle cure.

   - Vantaggi: Miglior benessere del personale, riduzione degli errori dovuti allo stress.


 Innovazioni Recenti


Recentemente, l'adozione di nuove tecnologie e approcci innovativi ha ulteriormente migliorato la gestione delle criticità negli ospedali:


- Intelligenza Artificiale: L'uso di algoritmi di IA per prevedere le emergenze e ottimizzare l'allocazione delle risorse.

- Telemedicina: La telemedicina consente una gestione più efficiente delle emergenze attraverso il monitoraggio remoto e la consulenza a distanza.

- Piattaforme di Coordinamento: Le piattaforme digitali di coordinamento aiutano a gestire il personale in modo più efficiente, garantendo che le risorse siano allocate dove più necessarie.


Conclusione


L'organizzazione di unità di emergenza-urgenza dedicate rappresenta una soluzione efficace per migliorare la gestione delle criticità in ospedali con risorse limitate. Tuttavia, altre strategie come la pianificazione flessibile del personale, la formazione continua, l'uso di tecnologie avanzate, la collaborazione interdisciplinare e il supporto psicologico sono altrettanto cruciali. Le innovazioni tecnologiche, come l'intelligenza artificiale e la telemedicina, offrono ulteriori opportunità per ottimizzare la gestione delle emergenze e garantire cure di alta qualità.


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Per ulteriori letture, si consiglia di consultare le seguenti risorse:


- [Journal of Hospital Medicine: Rapid Response Teams](https://doi.org/10.1002/jhm.2584)

- [American Nurses Association: Emergency Nursing Resources](https://www.nursingworld.org/practice-policy/work-environment/health-safety/disaster-preparedness/)

- [Telemedicine and e-Health: Innovations in Emergency Care](https://doi.org/10.1089/tmj.2019.0192)

Organizzazione del Lavoro Infermieristico: Modelli, Efficienza ed Efficacia

Introduzione


L'organizzazione del lavoro infermieristico è fondamentale per garantire cure di alta qualità, aumentare la soddisfazione dei pazienti e migliorare l'efficienza operativa. Esistono diversi modelli organizzativi utilizzati nel contesto infermieristico, ciascuno con i propri vantaggi e sfide. Questo articolo esplora i principali modelli organizzativi, discute le evidenze scientifiche che supportano l'efficacia di alcuni metodi rispetto ad altri e presenta le ultime novità e innovazioni nel campo.


Principali Modelli Organizzativi


1. Per Compiti

   - Descrizione: Gli infermieri sono assegnati a compiti specifici (es. somministrazione di farmaci, cambio delle medicazioni) piuttosto che a pazienti specifici.

   - Vantaggi: Efficienza operativa, specializzazione dei compiti.

   - Svantaggi: Mancanza di continuità e personalizzazione delle cure, possibile deumanizzazione del paziente.


2. Per Obiettivi

   - Descrizione: L'organizzazione è orientata al raggiungimento di specifici obiettivi di salute per i pazienti.

   - Vantaggi: Focus sui risultati e miglioramento continuo.

   - Svantaggi: Può essere difficile da implementare e monitorare costantemente.


3. Modello Teorico del Nursing

   - Descrizione: Basato su modelli teorici specifici (es. modello di Orem, Roy, Watson), che guidano la pratica infermieristica.

   - Vantaggi: Approccio strutturato, basato su evidenze teoriche.

   - Svantaggi: Può essere complesso e richiedere formazione approfondita.


4. Per Piccole Equipe

   - Descrizione: Gli infermieri lavorano in piccole squadre, ciascuna responsabile di un gruppo di pazienti.

   - Vantaggi: Miglior comunicazione e collaborazione, continuità delle cure.

   - Svantaggi: Richiede coordinazione efficace e può essere influenzato dalle dinamiche di gruppo.


5. Responsabilità Individuale di ogni singolo Paziente

   - Descrizione: Un singolo infermiere è responsabile di tutti gli aspetti della cura di un paziente.

   - Vantaggi: Continuità e personalizzazione delle cure, maggiore soddisfazione del paziente.

   - Svantaggi: Può essere stressante per l'infermiere e meno efficiente in situazioni di alta complessità.


6. Olistico

   - Descrizione: Approccio che considera il paziente nella sua interezza, includendo aspetti fisici, emotivi, sociali e spirituali.

   - Vantaggi: Cure complete e personalizzate, miglior benessere del paziente.

   - Svantaggi: Può richiedere più tempo e risorse.


7. Basato sulla Relazione

   - Descrizione: Focus sulla costruzione di relazioni di fiducia tra infermiere e paziente.

   - Vantaggi: Miglior comunicazione, pazienti più coinvolti nel proprio percorso di cura.

   - Svantaggi: Richiede abilità interpersonali elevate e tempo per costruire relazioni significative.


Evidenze Scientifiche


La letteratura scientifica suggerisce che non esiste un modello unico che sia superiore in ogni contesto. Tuttavia, alcuni studi indicano che i modelli basati sulla relazione e olistici possono portare a migliori esiti di salute e maggiore soddisfazione del paziente rispetto ai modelli per compiti. Ad esempio:


- Relazionale e Olistico: Uno studio pubblicato su "Journal of Nursing Scholarship" ha mostrato che i pazienti curati secondo un approccio relazionale riportano livelli più elevati di soddisfazione e aderenza al trattamento ([McCormack et al., 2012](https://doi.org/10.1111/j.1547-5069.2012.01458.x)).

- Piccole Equipe: La ricerca pubblicata su "International Journal of Nursing Studies" ha evidenziato che il lavoro in piccole equipe può ridurre gli errori medici e migliorare la continuità delle cure ([Kalisch et al., 2011](https://doi.org/10.1016/j.ijnurstu.2011.04.011)).


Innovazioni Recenti


Le ultime novità nel campo dell'organizzazione del lavoro infermieristico includono:


- Tecnologie Digitali: L'uso di piattaforme di gestione digitale delle cure che facilitano la comunicazione e il coordinamento tra i membri del team.

- Intelligenza Artificiale: Sistemi basati sull'IA per supportare la diagnosi e la pianificazione delle cure, migliorando l'efficienza e riducendo il carico di lavoro.

- Telemedicina: L'integrazione della telemedicina per monitorare e gestire i pazienti a distanza, riducendo la necessità di visite in presenza e ottimizzando le risorse.


Conclusione


L'organizzazione del lavoro infermieristico è cruciale per l'efficienza e l'efficacia delle cure. Sebbene esistano vari modelli organizzativi, la scelta del modello più adatto dipende dal contesto specifico e dalle esigenze dei pazienti. Le evidenze scientifiche e le innovazioni recenti suggeriscono che un approccio integrato, che combina elementi di modelli relazionali, olistici e basati su piccole equipe, può portare a migliori esiti di salute e maggiore soddisfazione sia per i pazienti che per gli infermieri.


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Per ulteriori letture, si consiglia di consultare le seguenti risorse:


- [Journal of Nursing Scholarship: Relational Nursing](https://doi.org/10.1111/j.1547-5069.2012.01458.x)

- [International Journal of Nursing Studies: Team Nursing](https://doi.org/10.1016/j.ijnurstu.2011.04.011)

- [American Nurses Association: Nursing Care Models](https://www.nursingworld.org/practice-policy/work-environment/nursing-care-delivery-models/)

Monday, June 03, 2019

Come un'assistenza infermieristica eccellente migliora le prestazioni dei medici

Un'ampia ricerca mostra che i programmi che promuovono un'assistenza infermieristica di qualità hanno un impatto radicale in tutte le organizzazioni sanitarie. Gli ospedali che aderiscono a queste iniziative ottengono risultati eccellenti: maggiore soddisfazione e fidelizzazione degli infermieri, migliore esperienza e sicurezza dei pazienti, diminuzione della mortalità, aumento delle entrate e molti altri benefici. Inoltre è dimostrata una correlazione positiva tra l'eccellenza infermieristica e le prestazioni dei medici . Lo rivela un articolo apparso sulla Harvard Business Review a firma di Christina Dempsey e Thomas H. Lee (How Great Nursing Improves Doctors’ Performance, May 22, 2019)

Saturday, March 14, 2009

Né cameriere, né suore, né imbecilli!

E' il significativo slogan con cui le infermiere e gli infermieri francesi sono scesi in piazza negli ultimi anni, a fronte di una situazione professionale e organizzativa che ricorda molto quella italiana.

Saturday, July 19, 2008

Professori e fannulloni

Stamattina al lavoro è andata abbastanza bene. Nessuna emergenza vera. Qualcuno con la febbre, un altro con il vomito, il paziente della prima stanza che desaturava, quello accanto agitato, il signore del letto 25 che non riusciva ad urinare. Problemi cui si può ovviare: un po' di tachipirina, un plasil intramuscolo, un po' di ossigeno, una sorveglianza assidua, un cateterismo estemporaneo e si ottiene una risoluzione dei sintomi almeno temporanea. Certo, tutti i degenti hanno il loro problema personale, tutti abbisognano di aiuto personalizzato e poi c'è il telefono che squilla in continuazione, spesso con le richieste più strane e ci sono le incombenze amministrative. Si arriva allo scambio di consegne col turno successivo con l'unico desiderio di buttarsi su un letto e dormire un paio d'ore, per smaltire la fatica.
Eppure da un po' di tempo in qua è diventata moneta corrente l'equazione dipendente pubblico = fannullone. Già, nessuno può sfuggire alle ingiurie della gente e del tempo, diceva il saggio. Pazienza, non è l'amor proprio il problema fondamentale.
Aggiungo che sulle assenze per malattia posso anche essere d'accordo. Non mi piacciono gli arroccamenti demagogici e trovo ingiusto che chi sta a casa guadagni quanto chi sgobba sul posto di lavoro e manda avanti la baracca. Diciamocelo francamente: se mettersi in mutua è economicamente conveniente, è ovvio che molti vi ricorrano, anche se si tratta di comportamenti eticamente censurabili.
Sono però deluso dall'approccio semplificatorio del ministro Brunetta. Da un aspirante premio Nobel per l'Economia mi aspettavo di più. Non è riducendo le assenze per malattia e punendo i dipendenti pubblici che si migliorano le prestazioni della Pubblica Amministrazione. Non è nemmeno appellandosi al principio di autorità (parente stretto dell'autoritarismo e diverso dall'autorevolezza), al rispetto delle gerarchie, al potere dei capiufficio, come invoca l'altro ministro Sacconi, che si modernizza l'apparato. Semmai si tenta una regressione all'Ottocento.
Quanti giorni sono andato al lavoro motivatissimo e dopo un quarto d'ora avevo soltanto voglia di mandare tutti a quel paese. Per usare un eufemismo, diciamo che la cultura manageriale vigente in molti settori dirigenziali della Pubblica Amministrazione appare inadeguata. Non lo dico io, ma in Italia quanto a trasparenza, orientamento al risultato, meritocrazia, valutazione e controllo delle prestazioni erogate siamo messi male. Diffondiamo le pratiche manageriali migliori, mettiamo a disposizione di tutti non ferrivecchi degni dell'ex economia sovietica, ma organizzazioni al passo coi tempi, con obiettivi ben definiti, validati e controllati da organismi indipendenti. Penalizziamo gli incompetenti, i furbi e gli opportunisti, che talvolta si annidano anche tra i vertici organizzativi, come eloquentemente dimostrano i recentissimi scandali sanitari ed evitiamo che le persone intelligenti e volonterose si trovino a disagio e demotivate perchè costrette a prendere ordini incongrui e irrazionali. Insomma, ascoltiamo stavolta il professor Ichino e adottiamo i suoi consigli, anche se provengono dall'opposizione. Per il bene della nazione.

Sunday, February 17, 2008

Quando il sogno è cambiare lavoro

Secondo lo studio europeo Next un infermiere su due desidererebbe cambiare lavoro. Ebbene, quell'infermiere stanco e demotivato gode di tutta la mia solidarietà e comprensione. I motivi della disaffezione alla propria altrimenti nobile e umanitaria professione vengono individuati dalla ricerca nello stress, nei turni massacranti e nell'organizzazione del lavoro, caratterizzata da scarso coinvolgimento e partecipazione.
Si propongono nuovi sistemi organizzativi. Negli anni ho avuto modo di sperimentare molte di queste nuove soluzioni manageriali, che purtroppo, malgrado le migliori intenzioni, finiscono in breve tempo per essere distorte e, in accordo con la secolare tradizione italiana, per cambiare tutto affinché niente realmente cambi. Le rivoluzioni manageriali in ambito sanitario (ma non solo) hanno fallito, per la semplice ragione che molti continuano a coltivare una concezione del potere maligna e distruttiva, di fronte alla quale nessuna nuova tecnica organizzativa può opporre rimedio. In Italia si usa il potere in modo personalistico, essenzialmente per opprimere e non per migliorare la qualità della vita delle persone. Senza un cambiamento culturale che conduca ad un esercizio più maturo del potere non c'è speranza.

Saturday, October 20, 2007

... ma il barone-Dio rovina l'Italia

Qualche giorno fa è apparso su La Stampa un articolo dal titolo emblematico: Il barone-Dio rovina l'Italia. Scrive l'estensore dell'articolo: "L'Health Consumer Powerhouse, istituto indipendente di analisi e informazione di Bruxelles, dice che la Sanità italiana è rovinata dai baroni. Molti, troppi nostri medici si credono Dio. [...] Per fortuna qualcuno ci dà una speranza: 'Le giovani generazioni sono meglio, hanno capito che l''aria" è cambiata, che non si può portare avanti gente che non lo merita solo perché ha appoggi o è amico dell'amico"'.
Ritengo che anche il ritardo dello sviluppo della professione infermieristica sia imputabile, nel nostro Paese, in gran parte ad un sistema organizzativo obsoleto, feudale e demotivante, dove il merito è quotidianamente negletto e dove gli interessi e i privilegi particolari prevalgono spesso sull'interesse generale. Un sistema, inoltre, assai poco trasparente.
E' di questi giorni la notizia che il premio Nobel per la Medicina è stato assegnato a un ricercatore nato in Italia, ma emigrato bambino negli Stati Uniti, Mario Capecchi, noto per i suoi studi sull'ingegneria genetica e le cellule staminali. Commenta sarcasticamente Il Sole Sanità: "Ora in tanti si spellano le mani per applaudirlo, celebrando i suoi natali italiani. Ma solo pochi si sono chiesti: ma se fosse rimasto in Italia l'avrebbe mai vinto quel Nobel?".
Riflettiamo dunque e soprattutto speriamo che anche chi ci governa ci rifletta su seriamente.

Tuesday, July 31, 2007

La biblioteca

Viviamo nella società della conoscenza, nell'epoca delle "organizzazioni che apprendono", eppure per chi svolge attività che richiedono un aggiornamento continuo è difficile avere accesso alle informazioni giuste, ai testi di studio, a quelle innovazioni scientifiche che determinano il progresso, aumentano l'efficacia degli interventi, migliorano il servizio, incrementano la soddisfazione dei clienti. Una biblioteca ricca e ben funzionante è una necessità inderogabile per qualsiasi azienda che abbia raggiunto una certa dimensione, per qualsiasi istituzione, a maggior ragione se si occupa della salute dei cittadini.
Nella mia ormai non più breve carriera lavorativa mi sono invece imbattuto in biblioteche di ogni tipo, quasi tutte disfunzionali: biblioteche grandi come sgabuzzini, biblioteche in cui i libri sono tenuti sotto chiave, biblioteche in cui l'accesso è consentito per un'ora qualche giorno la settimana, biblioteche che "non ci sono i soldi per comprare i libri", biblioteche che non sai mai con esattezza dove sono ubicate, nascoste negli anfratti più improbabili, biblioteche che per consultare un testo o prenderlo in prestito devi annunciarti in anticipo. Sempre hai l'impressione di essere un ospite indesiderato, uno sgradito rompicoglioni. Capisci che i libri, se hai ancora l'ambizione, l'orgoglio e il senso di responsabilità di mantenerti aggiornato, te li devi comprare attingendo al magro conto corrente personale. Così non va bene.
Passi per i paesi più avanzati, ormai per noi miraggi irraggiungibili, dove in biblioteca ti puoi fermare a studiare persino di notte, ma anche paesi un tempo considerati "in via di sviluppo" come Cina, India e Corea ci stanno superando sul piano della conoscenza. Un ritardo, il nostro, che comincia a costarci caro. Da noi sembra ancora prevalere la vecchia logica patriarcale e contadina che per tenere più saldamente il potere è meglio concentrare il sapere nelle mani di pochi ed escludere la maggioranza dall'accesso alle informazioni. I risultati sono sotto gli occhi di tutti.

Monday, March 26, 2007

Braccia strappate all'agricoltura

A volte ho l'impressione che l'organizzazione dell'ospedale italiano combaci con quella del lavoro nei campi di cento, duecento anni fa. C'è il primario che è un prolungamento del vecchio padrone, libero di manifestare tutte le proprie manie e a cui tutti devono dare sempre ragione, c'è il caporeparto che è il fattore arcigno e autoritario che ti tallona passo passo e che non brilla quasi mai per comprensione ed empatia e infine c'è l'infemiere, che la legge dichiara responsabile dell'assistenza, ma che in realtà conta come l'antico bracciante, un semplice esecutore, un due di coppe, la remota rotella dell'ingranaggio cui attribuire il lavoro oneroso e le colpe per tutto quello che non va.
Fortunatamente non dappertutto è così, ma gran parte della mia esperienza professionale mi ha portato a queste amareggiate conclusioni.
Era ingiusto il trattamento riservato nei secoli scorsi al bracciante, che spesso era analfabeta, ma non per questo privo di dignità. Oggi, invece, l'infermiere è laureato anche se sarà ormai da trent'anni che moltissimi infermieri si affacciano al lavoro ospedaliero, pieni di buone intenzioni e aspettative, forniti di diplomi di scuola superiore, frequenze universitarie e, al di là dei titoli, preparazione culturale e intelligenza di tutto rispetto. Eppure il modo di lavorare è rimasto quello di secoli fa: strutture rigidamente gerarchiche, autoritarie, obsolete, alienate ed alienanti.
Ci sono molte ricerche scientifiche, puntualmente ignorate, che confermano l'inadeguatezza della attuale organizzazione degli ospedali. Si badi: una cattiva organizzazione non produce danni soltanto alle persone che la subiscono, ma ha ripercussioni negative anche in termini economici. Sono costi in più, tasse in più da pagare, soldi in più che devono sborsare i cittadini.
Gli infermieri scarseggiano, ma nulla cambia in Italia, ci sono troppi privilegi e prebende da difendere, ci sono lobby potenti che arrivano fino al parlamento e che frenano qualsiasi riforma. Non c'è traccia del passaggio della modernità in molte, troppe corsie italiane. Secoli di pensiero manageriale e innovativo sono passati invano. Alle scuole di economia insegnano delle cose che poi, nella pratica quotidiana, sono disattese. Evidentemente leggere, studiare e aggiornarsi è faticoso e chi comanda ha di meglio da fare.
A volte immagino che chi dirige tragga gratificazione da tutto ciò, una sensazione di onnipotenza, una piacevole sensazione di superiorità. Potere è meglio che fottere, dice un vecchio proverbio (siciliano?). Non lo so, mi riesce difficile immedesimarmi, non appartengo a razza padrona alcuna. L'autorealizzazione di una persona ritengo passi attraverso lo sviluppo e l'esercizio di altre qualità. Opprimere gli altri non mi ha mai interessato, i machiavellismi mi annoiano.
Ma non chiediamoci se nessuno vuol più fare l'infermiere e se quelli che ci sono appena possono scappano, si imboscano, cambiano lavoro.

Saturday, March 24, 2007

La rivolta degli infermieri

... ed ecco il secondo articolo di un'inchiesta giornalistica che ha tutta l'aria di essere seria e di continuare. Il buon giornalismo, d'altronde, è questo: ci mostra la realtà che, talvolta nella sua crudezza, è ben diversa dagli stereotipi radicati nella mente della gente comune, di tutti noi che magari ci formiamo i nostri costrutti personali su determinati argomenti, partendo da informazioni di seconda mano.
Il quadro che si profila credo sia emblematico non soltanto di Torino, bensì della realtà di molti ospedali italiani.

La rivolta degli infermieri di Salizzoni
Strumentisti sul piede di guerra al centro trapianti: «24 le ore lavorate nell'arco di due giorni consecutivi»
RAPHAEL ZANOTTI
TORINO
Era nell’aria. Dopo il Regina Margherita il primo ospedale da cui sarebbe partito un esposto sulle condizioni di lavoro degli infermieri sarebbe stato quello delle Molinette. Quello che forse non ci si aspettava è che i primi a ribellarsi sarebbero stati gli infermieri di un reparto d’élite come il Centro trapianti di fegato del professor Mauro Salizzoni, uno dei fiori all’occhiello del nosocomio torinese. Il Nursing Up, il sindacato che ha fatto partire il primo esposto, sta raccogliendo il materiale per il secondo e annuncia: «Seguiranno quelli di Cardiorianimazione, due di Medicina e un’altra sala operatoria: in tutto cinque esposti».

Incontriamo due dei quattro strumentisti del reparto del professore nei locali del sindacato. «Vogliamo premettere una cosa - dicono subito -. Lavorare con il professor Salizzoni è un onore, un’esperienza di arricchimento personale unica. Ma proprio per questo abbiamo deciso di esporci: questo lavoro ci piace, vogliamo dare il massimo per i nostri pazienti e la loro sicurezza ». Per comprendere cosa significa sicurezza è necessario capire cosa vuol dire lavorare in un centro trapianti come quello del professor Salizzoni: negli ultimi 22 giorni sono stati eseguiti 20 trapianti. «Quando ho iniziato - ricorda Mario (il nome è di fantasia) - avevamo 15-16 reperibilità al mese. Ben di più delle 6 previste dal contratto, ma comunque era una situazione che si poteva ancora sostenere. Oggi siamo a una media di 22. E ad aprile saremo a 24 considerando che un’altra strumentista andrà in pensione e che per formare una nuova figura di questo tipo ci vogliono dagli 8 mesi all’anno ». Essere strumentista significa avere sempre il cellulare acceso.

L’emergenza si chiama «fegato». Il donatore può essere ovunque. Entro un’ora bisogna avere tutto pronto, si sale in elicottero, si raggiunge il centro espianti, si recupera l’organo, si ritorna indietro e inizia l’operazione. Un donatore «dona» a qualunque ora del giorno o della notte. «Capita che si parta alle 20 e si rientri alle 3, le 4 del mattino - racconta Federico (anche questo nome di fantasia) -. In teoria il giorno dopo sarebbe di recupero ore. Spesso succede che alle 15 sei di nuovo di reperibilità per le urgenze. Due week end fa ho lavorato 24 ore in due giorni: stremante». Lavorare a questi ritmi è pericoloso, fa notare il Nursing Up. «Personalmente mi è capitato più volte di pungermi con un ago - dice Mario -. Oltre al timore di esserti infettato, devi constatare come, se fossi stato riposato, non ti sarebbe successo». La vita privata non esiste. «Ho una ragazza che fa l’infermiera - racconta Mario -. Se tutto va bene riusciamo a far coincidere i nostri turni in modo da avere un week end al mese per vederci». Le ore di straordinario non si contano. Si viaggia su una media di 40 al mese, quando il contratto ne prevede 180 all’anno con una possibilità, per il 5% del personale, di salire a 250. Ovviamente si sfora.

«C’è anche un altro problema che ci siamo posti in queste settimane - dice Mario -. Se succede qualcosa di grave, è ovvio che la magistratura deve accertare le responsabilità. Non vorremmo trovarci di fronte a un magistrato e doverci giustificare dicendo: “Lavoravo da troppe ore”. Una risposta inutile per i familiari. E altrettanto per il magistrato che non potrebbe che replicare: “Il vostro contratto ne prevede meno”. Avrebbe ragione». La sala operatoria, si sa, è luogo in cui le urgenze regolano la vita di tutti. Ma alle Molinette anche gli infermieri in corsia fanno fatica. Carla lavora in Medicina generale. «A febbraio ho saltato due volte il riposo - ricorda -. Nel nostro reparto c’erano sette persone in mutua. Eravamo in due per una trentina di pazienti, la metà da sollevare e lavare. Comincia a diventare impossibile: pago 520 euro al mese un asilo privato perché è l’unico che mi tiene i figli fino alle 19. In più, quando c’è un’emergenza, pago anche una baby sitter. Alla fine del mese se ne vanno 700 euro solo perché qualcuno guardi i miei figli e ne guadagno 1300. Praticamente spendo più della metà del mio stipendio solo per poter lavorare».

In Neurologia, altra infermiera, altra storia. Eppure così simile. Laura lavora da 14 anni. I continui cambi di orario, i turni e i riposi saltati hanno avuto, come effetto, lo sballamento del suo ciclo sonno- veglia: «Sono costretta da un anno a seguire una terapia di agopuntura per l’insonnia, questo non è normale».

Infermieri schiavi dell'ospedale

Riporto due articoli significativi sulla condizione degli infermieri negli ospedali italiani, articoli che dovrebbe far riflettere chi ancora pensa che lavorare nel pubblico significhi spassarsela. Opinione che sembra largamente condivisa anche nelle stanze del potere. La fonte è il sito del quotidiano di Torino La Stampa. Ecco il primo articolo...

Infermieri "schiavi dell'ospedale"
E' di 16 ore al giorno il doppio turno previsto dal Regina Margherita
RAPHAEL ZANOTTI
TORINO
Avvertenza: i nomi sono rigorosamente di fantasia, le storie no. Nude e crude, così come ce le hanno raccontate nei bagni, dietro l’angolo di un corridoio, nascosti da un anfratto, gli infermieri dell’ospedale Regina Margherita. Perché sembra incredibile, eppure anche qui, tra alberi, orsetti e farfalle disegnati sui muri dell’ospedale infantile, c’è chi ha paura a parlare. L’esposto sulle condizioni di lavoro partito dal piccolo nosocomio ha innescato un effetto domino. Presto anche gli infermieri delle Molinette presenteranno un esposto simile alla direzione provinciale del Lavoro. E questo, è naturale, fa scattare un meccanismo: timore di rappresaglie. Michela la incontriamo vicino a Rianimazione. «Non qui - dice - e si sposta dietro un angolo - non voglio che mi vedano». Racconta del suo reparto. «La reperibilità ormai viene utilizzata per coprire i buchi. Solo qualche giorno fa ho svolto il mio normale turno dalle 15 alle 23, poi ho fatto la notte in reperibilità in ospedale, il mattino ho dormito e il pomeriggio ero di nuovo qui. Purtroppo non è un evento unico. Il problema è che così si rischia: noi e, quel che è peggio, il paziente». Michela si ferma. L’ascensore è arrivato al piano. Passano due persone e ricomincia: «Il mio lavoro mi piace, non lascerei mai un paziente in difficoltà. Però, così, non ho una vita privata. Fidanzati? Figli? E chi ha il tempo? Bisognerebbe fare un’indagine solo per vedere quanti divorzi sono dovuti a un nome sui turni della settimana».

Scendendo le scale s’incontrano operai indaffarati. «Sono qui da stamattina - avverte Lorenzo, un infermiere iscritto al Nursing Up, il sindacato di categoria che ha presentato la lettera esposto -. Sarà un caso, ma da stamattina si lavora nelle sale operatorie, sono comparsi i presidi medici per la sicurezza prima introvabili, si rattoppa, si ripara... e agli infermieri è vietato rilasciare interviste alla stampa». La sicurezza è un altro di quei temi di cui si parla sottovoce, nei corridoi. «Le porte di radiologia non sono schermate col piombo - dice Lorenzo -. Inoltre chi lavora nelle sale operatorie non percepisce l’indennità per le radiazioni. È strano, ma gli infermieri della sala gessi che vengono in radiologia una volta ogni tanto, l’hanno. Noi no. Nessuno capisce perché». Il Regina Margherita ha quattro sale operatorie. Gli infermieri sono pochi, e così la reperibilità diventa la norma. «In teoria il contratto prevede sei reperibilità al mese, ma non è mai così» spiega Claudio Delli Carri del Nursing Up. «La mia media è di 13 al mese - racconta subito Lorenzo -, ma chi lavora nella sala di cardiochirurgia, più specialistica, è arrivato anche a 28». La reperibilità è la morte di ogni progetto di vita oltre il lavoro, al di là della corsia. Essere reperibili significa non allontanarsi mai oltre una distanza di 20 chilometri dall’ospedale. Significa vivere costantemente con una parte della testa al lavoro. Dormire con un occhio solo.

Giulia lavora così. La contattiamo a fine turno grazie al numero di cellulare che ci lascia per evitare di farsi vedere mentre parliamo con lei. «Mi è capitato di fare più volte il doppio turno, oltre 16 ore di lavoro. Sono separata e con figli, per fortuna c’è mia madre che mi dà una mano, altrimenti non saprei proprio come fare. Purtroppo, a volte, si ha l’impressione che facciano leva sul buonsenso, sul fatto che se hai scelto di fare questo mestiere, un paziente non lo lascerai mai senza essere sicuro». Anche al pronto soccorso, le cose non vanno meglio. Katia racconta delle «colleghe in mutua pur di riposarsi» e del «codice bianco», dodici ore di filato di domenica dopo aver già svolto il numero di ore regolari. «Sai che questo è straordinario?» le chiede Delli Carri. «No» è la risposta. «Ecco - dice il sindacalista - anche così nascono queste storture».

Carenza di infermieri? Balle. Ci sono, ma sono imboscati

Ormai il problema della carenza di infermieri è diventato simile alla peste manzoniana: tutti alla ricerca dei possibili "untori". Novello don Ferrante, per lo stimabilissimo prof Mauro Salizzoni, responsabile del Centro Trapianti all'ospedale Molinette di Torino, per altri versi professatore di idee generali politically correct, la crisi degli infermieri non esiste. La verità è che gli infermieri ci sono, soltanto che il 50% di loro è "imboscato", protetto dal sindacato.
E' quanto afferma in un intervista apparsa su La Stampa Web, nella rubrica-blog Stetoscopio.
Personalmente, presumo sia vero che esistono nella sanità degli "imboscati", come d'altra parte in qualsiasi settore del Pubblico Impiego. Non ne ho, s'intende, le prove. Imboscati ce ne sono persino nelle aziende private e non solo in Italia.
Sono perfettamente d'accordo che sia un fenomeno da combattere e non solo a parole. Sono d'accordo anche quando l'illustre medico dice che gli incentivi distribuiti a pioggia a chi si fa un mazzo tanto e agli assenteisti sono ingiusti.
Le idee del professor Salizzoni, di cui, sia chiaro, ammiro il valore professionale, non mi sembrano tuttavia cogliere il nocciolo della questione. Storicamente la classe medica, in virtù dei privilegi ormai secolari di cui gode, è una delle categorie professionali più conservatrici del Paese. Tende a vedere i problemi secondo una prospettiva deformata dalla tradizione e, a mio avviso, superata. Le idee del professor Salizzoni sulla questione infermieristica non mi sembrano smentire questa osservazione.
Non dimentichiamo che la la sanità, così com'è in Italia, hanno contribuito a crearla principalmente i politici e i medici, che del sistema sono le grandi star. A loro, dunque, gli onori, ma anche gli oneri.
La colpa dei ritardi organizzativi, dei ricoveri impropri, delle liste di attesa che si accorciano a seconda del reddito dell'utente, dell'interessata dipendenza dalla grande industria farmaceutica e dai suoi maneggi, non è soltanto degli amministratori.
Gli scandali della sanità che si sono succeduti a ritmo incalzante negli ultimi decenni , - e quelli emersi hanno tutta l'aria di essere soltanto la punta dell'iceberg -, hanno purtroppo coinvolto moltissimi medici e soltanto sfiorato gli infermieri, il cui potere all'interno dell'organizzazione sanitaria è, diciamocelo con franchezza, prossimo allo zero.
Sono poi in gran parte i medici che hanno contribuito a creare (o a tollerare) quell'ambiente lavorativo demotivante, epperò funzionale al loro prestigio professionale e alle loro esigenze (loro, non del malato!), che è ancora, in troppi contesti, l'ospedale italiano. In questa direzione vanno ricercati i motivi della grave carenza di infermieri nel nostro Paese.
La crisi degli infermieri si combatte perciò restituendo loro dignità, rispetto, autonomia professionale, riconoscimento sociale ed economico. Limitarsi a recuperare un manipolo di "imboscati" non porta, credo, molto lontano.

Sunday, October 22, 2006

Una nuova cultura organizzativa

Scrive il professor Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, su L'Espresso, datato 26 ottobre 2006, nell'articolo dal titolo "Veronesi Hospital":
"E' inutile acquistare apparecchiature modernissime e preoccuparsi di gestire le alte tecnologie, quando si dimentica che il vero valore aggiunto di un'impresa sono le risorse umane. Nella sanità, che non è tarata sul profitto, ma che va comunque gestita come impresa, non si può rischiare di aumentare ancora di più il gap tra evoluzione tecnologica e involuzione organizzativa. La cosiddetta umanizzazione degli ospedali (e in genere dei servizi preposti alla salute del cittadino), comincia proprio con l'interesse partecipativo di chi ci lavora, ed è certo che non si può raggiungere la qualità delle cure se non si fa passare una cultura nuova, di valorizzazione professionale di medici, biologi, tecnici e infermieri. Con una novità molto più umanizzante delle volenterose piante verdi che stanno comparendo un po' dappertutto: la formazione dei curanti dovrà avere come punto di riferimento la persona nel suo complesso e non solo la preparazione scientifica e tecnico-operativa. Ma la qualità di queste relazioni dipende molto spesso dalle condizioni di lavoro riservate al personale: contano condizioni come il coinvolgimento, la formazione, l'aggiornamento continuo professionale, la capacità del direttore di divisione di fare squadra, di stimolare motivazioni intellettuali e creare un'organizzazione che cura con grande attenzione la continua crescita professionale".
Si tratta di opinioni largamente condivisibili, che sfondano porte aperte. Purtroppo, anche nelle realtà dove sono propagandate, si rivelano spesso vuote formule, parole d'ordine che rimangono nella lettera, ma non nello spirito, verbi che non si fanno mai carne.
Siamo, ahinoi, ancora lontani anni luce da una cultura organizzativa davvero nuova, estranea all'arroganza, all'immobilismo e ai privilegi.

Friday, October 20, 2006

Lontani dai malati

"Nella sanità in alcune regioni più di un quarto degli infermieri si mette in malattia e può essere adibito solo a funzioni di ufficio, lontano dalle corsie, dai malati".
Questo scrive Tito Boeri, valente economista su La Stampa di oggi ("Finanziaria inadeguata"), segnalando, a suo modo di vedere, una delle emergenze del sistema-paese. E certo si tratta di un fenomeno su cui bisogna seriamente riflettere.
Aggiungendo però, per completare il quadro e per amore di verità, che molti infermieri animati da competenza e buona volontà, con la possibilità di fare di più per i malati, sono frenati da ambienti organizzativi obsoleti, zero autonomia, salari bassi, scarsi incentivi e minime possibilità di migliorare la propria posizione professionale.
Senza una visione più articolata e senza mettere mano a una revisione più radicale di quella che è oggi l'organizzazione sanitaria italiana, con le sue rendite di posizione e i privilegi feudali di cui godono talune categorie e taluni personaggi, non si va comunque molto lontano. E' come volere curare il cancro con l'aspirina.

Monday, September 25, 2006

Chirurgia e Formula1

I giornali riportano la notizia che il primario di chirurgia di un ospedale di Londra si è rivolto ad alcuni team di Formula 1, fra i quali anche quello della Ferrari, per migliorare i sincronismi tra medici e infermieri durante gli interventi chirurgici. Non ci trovo niente di male, anzi, mi sembra un'ottima idea. La modernità è fatta di contaminazione tra discipline e saperi diversi e cosa, meglio dello sport, sempre alla ricerca del primato e dell'eccellenza, può aiutare a migliorare le performance.

Fuori i parenti!

Un tempo, ma sarebbe meglio dire che la pratica vige tuttora in talune realtà, esistevano infermieri (ma più spesso era la caposala), la cui abilità precipua consisteva nel mantenere l'ordine e la disciplina in reparto, facendo rispettare in maniera rigida gli orari delle visite, talvolta persino riducendoli con zelo. Insomma, l'autorità di mandar fuori i familiari dei malati era molto apprezzata, non di rado dagli stessi vertici gerarchici. I parenti, o visitatori come oggi con maggiore eleganza vengono chiamati, non vanno idealizzati: è vero, a volte con le loro continue richieste, turbano lo svolgimento delle normali attività di reparto e, in taluni casi, si spingono anche oltre. Tuttavia il malato li attende con trepidazione, li vede con piacere. Giocano, insomma, un ruolo positivo nel processo di cura e, quando possibile, di guarigione. "Fuori i parenti!" è un ordine destinato a risuonare sempre meno nelle nostre corsie. Una ricerca, infatti, condotta presso l'Unità di cura intensiva cardiologica geriatrica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, Firenze, (N. Marchionni, "Più salute con le corsie aperte", Sole Sanità 7-13 marzo 2006) dimostra che, se da un lato non è vero che un afflusso più protratto dei familiari incide negativamente sulla frequenza delle infezioni, è invece provato che orari più ampi di accesso riducano le complicazioni cliniche, fatte salve, naturalmente, le normali precauzioni di salvaguardia dell'igiene ambientale. I risultati sono corroborati da altri lavori scientifici statunitensi. La presenza dei familiari riduce l'ansia dell'ammalato e, di conseguenza, l'increzione degli ormoni dello stress.

Conquiste della professione

Quando un dirigente parla di "grande conquista per la professione", a proposito di qualche nuova carica a disposizione nell'organigramma aziendale, non si riferisce in genere a un miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dell'intera categoria, ma alla sua propria personale carriera e alla possibilità di ottenere per sé privilegi e prebende. Purtroppo capita ancora di frequente che i più feroci oppressori degli infermieri siano altri infermieri.

Fantozzi in corsia

Chiedo il permesso di assentarmi tre ore per partecipare a un corso di aggiornamento, che mi hanno quasi obbligato a frequentare. Se perdo questa lezione, addio crediti ECM. I colleghi sanno di cosa parlo. Naturalmente mi rispondono di no. Ben mi sta. In vent'anni di lavoro avrò usufruito di due giorni di permesso retribuito, da anni non faccio un giorno di malattia. Comunque mi rispondono di no. Eppure ci sono in servizio altri 5 infermieri e 4 OSS. Ma se manco io pare che l'ospedale si fermi. Può assentarsi il primario, i medici, i tecnici, la caposala, la dirigente, gli OSS e tutto procede per il meglio. Ma io non posso mancare. OK: domani chiedo un colloquio col direttore: se sono io che sostengo l'ospedale esigo che mi venga almeno triplicato lo stipendio.