Sunday, October 26, 2008

La Simulazione

Chiunque eserciti una professione sanitaria conosce l'imbarazzo di dover praticare per la prima volta una procedura invasiva su un paziente. Ricordo che la mia prima iniezione intramuscolare me la fecero praticare su una vecchietta semicomatosa così che, anche se avessi avuto la "mano pesante", non si sarebbe lamentata. Più traumatica fu la mia prima flebo, praticata a un eroinomane che, in quanto alla capacità di reperire un accesso venoso, era molto più esperto e abile di me. Certo, si arrivava a intervenire sul paziente teoricamente preparati e dopo aver osservato gli infermieri più esperti dei reparti di tirocinio decine di volte (apprendimento per imitazione). Ma un margine di rischio, nel passaggio dalla teoria alla pratica esiste sempre, talvolta anche consistente, e l'esperienza vissuta da operatore e malato può essere, in talune occasioni, anche molto sgradevole.
Ben venga allora la metodologia della simulazione, usando istruttori, manichini, computer e set didattici virtuali in cui mettere alla prova in sicurezza le proprie conoscenze e migliorare le proprie performance. Ideata in America, in ambito militare e per addestrare i piloti di aereo, la simulazione si è presto estesa negli Stati Uniti, già a partire dagli anni Sessanta, ai contesti sanitari. Dapprima e principalmente negli ambienti che si occupano di pazienti critici ( Anestesia e Rianimazione, Sala operatoria, Terapia Intensiva, Pronto Soccorso, Cardiologia, Pneumologia, Neurologia, Pediatria). L'Europa è ancora in ritardo nell'adozione di questa innovativa metodologia didattica e l'Italia è, in Europa, uno dei fanalini di coda. La tendenza, tuttavia, è quella di colmare, anche nel Vecchio Continente, il divario e recuperare il tempo perso. Magari focalizzandosi non soltanto sulle abilità tecniche, ma anche su quelle relazionali e sullo sviluppo delle capacità di medici e infermieri di lavorare efficacemente in team.
La simulazione promette nei prossimi anni di rivoluzionare la didattica, privilegiando l'apprendimento pratico in situazioni cliniche simulate e controllate rispetto alla vecchia e forse superata lezione ex cathedra. Contribuendo a migliorare, nella realtà del lavoro quotidiano, la sicurezza e la soddisfazione di operatori e malati e ottenendo migliori outcome.
Alla simulazione ha dedicato un interessante supplemento Il Sole Sanità nel mese di settembre. Sul Web, alcuni link interessanti sull'argomento sono:
Simulearn
Sesam (Società europea per la simulazione applicata alla medicina)
Imsh (International Meeting on Simulation in Healtcare)

Saturday, October 04, 2008

Infermiere professione qualificata

Sul sito di Repubblica è uscito un articolo a firma di Federico Pace che individua le 30 professioni "senza crisi", quelli che le aziende assumono. E accanto a controller e contabili, programmatori e progettisti, ci sono gli infermieri, insieme a fisioterapisti e assistenti sociali. In un periodo in cui sta aumentando la disoccupazione, anche intellettuale, in tutto il Paese, alcuni "profili qualificati" come quello di infermiere sono richiestissimi dal mercato del lavoro.
Con buona pace delle fiction italiane sugli ospedali, dove l'infermiere è quasi sempre un poveraccio analfabeta e però dal cuore buono o della sgangherata e maleducata infermiera Gemma del programma "Quelli che il calcio", a riprova della stupidità della televisione, almeno di certa televisione, incapace di cogliere i mutamenti sociali.

Saturday, July 19, 2008

Professori e fannulloni

Stamattina al lavoro è andata abbastanza bene. Nessuna emergenza vera. Qualcuno con la febbre, un altro con il vomito, il paziente della prima stanza che desaturava, quello accanto agitato, il signore del letto 25 che non riusciva ad urinare. Problemi cui si può ovviare: un po' di tachipirina, un plasil intramuscolo, un po' di ossigeno, una sorveglianza assidua, un cateterismo estemporaneo e si ottiene una risoluzione dei sintomi almeno temporanea. Certo, tutti i degenti hanno il loro problema personale, tutti abbisognano di aiuto personalizzato e poi c'è il telefono che squilla in continuazione, spesso con le richieste più strane e ci sono le incombenze amministrative. Si arriva allo scambio di consegne col turno successivo con l'unico desiderio di buttarsi su un letto e dormire un paio d'ore, per smaltire la fatica.
Eppure da un po' di tempo in qua è diventata moneta corrente l'equazione dipendente pubblico = fannullone. Già, nessuno può sfuggire alle ingiurie della gente e del tempo, diceva il saggio. Pazienza, non è l'amor proprio il problema fondamentale.
Aggiungo che sulle assenze per malattia posso anche essere d'accordo. Non mi piacciono gli arroccamenti demagogici e trovo ingiusto che chi sta a casa guadagni quanto chi sgobba sul posto di lavoro e manda avanti la baracca. Diciamocelo francamente: se mettersi in mutua è economicamente conveniente, è ovvio che molti vi ricorrano, anche se si tratta di comportamenti eticamente censurabili.
Sono però deluso dall'approccio semplificatorio del ministro Brunetta. Da un aspirante premio Nobel per l'Economia mi aspettavo di più. Non è riducendo le assenze per malattia e punendo i dipendenti pubblici che si migliorano le prestazioni della Pubblica Amministrazione. Non è nemmeno appellandosi al principio di autorità (parente stretto dell'autoritarismo e diverso dall'autorevolezza), al rispetto delle gerarchie, al potere dei capiufficio, come invoca l'altro ministro Sacconi, che si modernizza l'apparato. Semmai si tenta una regressione all'Ottocento.
Quanti giorni sono andato al lavoro motivatissimo e dopo un quarto d'ora avevo soltanto voglia di mandare tutti a quel paese. Per usare un eufemismo, diciamo che la cultura manageriale vigente in molti settori dirigenziali della Pubblica Amministrazione appare inadeguata. Non lo dico io, ma in Italia quanto a trasparenza, orientamento al risultato, meritocrazia, valutazione e controllo delle prestazioni erogate siamo messi male. Diffondiamo le pratiche manageriali migliori, mettiamo a disposizione di tutti non ferrivecchi degni dell'ex economia sovietica, ma organizzazioni al passo coi tempi, con obiettivi ben definiti, validati e controllati da organismi indipendenti. Penalizziamo gli incompetenti, i furbi e gli opportunisti, che talvolta si annidano anche tra i vertici organizzativi, come eloquentemente dimostrano i recentissimi scandali sanitari ed evitiamo che le persone intelligenti e volonterose si trovino a disagio e demotivate perchè costrette a prendere ordini incongrui e irrazionali. Insomma, ascoltiamo stavolta il professor Ichino e adottiamo i suoi consigli, anche se provengono dall'opposizione. Per il bene della nazione.

Sunday, February 17, 2008

Quando il sogno è cambiare lavoro

Secondo lo studio europeo Next un infermiere su due desidererebbe cambiare lavoro. Ebbene, quell'infermiere stanco e demotivato gode di tutta la mia solidarietà e comprensione. I motivi della disaffezione alla propria altrimenti nobile e umanitaria professione vengono individuati dalla ricerca nello stress, nei turni massacranti e nell'organizzazione del lavoro, caratterizzata da scarso coinvolgimento e partecipazione.
Si propongono nuovi sistemi organizzativi. Negli anni ho avuto modo di sperimentare molte di queste nuove soluzioni manageriali, che purtroppo, malgrado le migliori intenzioni, finiscono in breve tempo per essere distorte e, in accordo con la secolare tradizione italiana, per cambiare tutto affinché niente realmente cambi. Le rivoluzioni manageriali in ambito sanitario (ma non solo) hanno fallito, per la semplice ragione che molti continuano a coltivare una concezione del potere maligna e distruttiva, di fronte alla quale nessuna nuova tecnica organizzativa può opporre rimedio. In Italia si usa il potere in modo personalistico, essenzialmente per opprimere e non per migliorare la qualità della vita delle persone. Senza un cambiamento culturale che conduca ad un esercizio più maturo del potere non c'è speranza.