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Monday, March 11, 2019

I medici in futuro si potranno sostituire, gli infermieri no

L'avvento dell'IA (Intelligenza Artificiale) renderà obsoleti molti lavori che verranno sostituiti da software e da computer collegati in Rete. E' quanto ipotizza il professore israeliano Yuval Noah Harari nel suo (ultimo) libro Lezioni per il XXI secolo. Egli scrive:
Molti medici si concentrano in modo quasi esclusivo sull'attività di elaborare informazioni: acquisiscono dati medici, li analizzano e forniscono una diagnosi. Al contrario, gli infermieri devono possedere una certa forza fisica e intuizione psicologica per eseguire un'iniezione dolorosa, sostituire una medicazione o contenere un paziente violento. Pertanto, con ogni probabilità, avremo un dottore dell'IA sul nostro smartphone decenni prima di avere un robot infermiere affidabile. E' plausibile che l'industria della cura alla persona - che si occupa dei malati, sia giovani sia anziani - rimanga un bastione umano per lungo tempo.
Parola di futurologo.

Sunday, October 26, 2008

La Simulazione

Chiunque eserciti una professione sanitaria conosce l'imbarazzo di dover praticare per la prima volta una procedura invasiva su un paziente. Ricordo che la mia prima iniezione intramuscolare me la fecero praticare su una vecchietta semicomatosa così che, anche se avessi avuto la "mano pesante", non si sarebbe lamentata. Più traumatica fu la mia prima flebo, praticata a un eroinomane che, in quanto alla capacità di reperire un accesso venoso, era molto più esperto e abile di me. Certo, si arrivava a intervenire sul paziente teoricamente preparati e dopo aver osservato gli infermieri più esperti dei reparti di tirocinio decine di volte (apprendimento per imitazione). Ma un margine di rischio, nel passaggio dalla teoria alla pratica esiste sempre, talvolta anche consistente, e l'esperienza vissuta da operatore e malato può essere, in talune occasioni, anche molto sgradevole.
Ben venga allora la metodologia della simulazione, usando istruttori, manichini, computer e set didattici virtuali in cui mettere alla prova in sicurezza le proprie conoscenze e migliorare le proprie performance. Ideata in America, in ambito militare e per addestrare i piloti di aereo, la simulazione si è presto estesa negli Stati Uniti, già a partire dagli anni Sessanta, ai contesti sanitari. Dapprima e principalmente negli ambienti che si occupano di pazienti critici ( Anestesia e Rianimazione, Sala operatoria, Terapia Intensiva, Pronto Soccorso, Cardiologia, Pneumologia, Neurologia, Pediatria). L'Europa è ancora in ritardo nell'adozione di questa innovativa metodologia didattica e l'Italia è, in Europa, uno dei fanalini di coda. La tendenza, tuttavia, è quella di colmare, anche nel Vecchio Continente, il divario e recuperare il tempo perso. Magari focalizzandosi non soltanto sulle abilità tecniche, ma anche su quelle relazionali e sullo sviluppo delle capacità di medici e infermieri di lavorare efficacemente in team.
La simulazione promette nei prossimi anni di rivoluzionare la didattica, privilegiando l'apprendimento pratico in situazioni cliniche simulate e controllate rispetto alla vecchia e forse superata lezione ex cathedra. Contribuendo a migliorare, nella realtà del lavoro quotidiano, la sicurezza e la soddisfazione di operatori e malati e ottenendo migliori outcome.
Alla simulazione ha dedicato un interessante supplemento Il Sole Sanità nel mese di settembre. Sul Web, alcuni link interessanti sull'argomento sono:
Simulearn
Sesam (Società europea per la simulazione applicata alla medicina)
Imsh (International Meeting on Simulation in Healtcare)

Sunday, October 22, 2006

Una nuova cultura organizzativa

Scrive il professor Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, su L'Espresso, datato 26 ottobre 2006, nell'articolo dal titolo "Veronesi Hospital":
"E' inutile acquistare apparecchiature modernissime e preoccuparsi di gestire le alte tecnologie, quando si dimentica che il vero valore aggiunto di un'impresa sono le risorse umane. Nella sanità, che non è tarata sul profitto, ma che va comunque gestita come impresa, non si può rischiare di aumentare ancora di più il gap tra evoluzione tecnologica e involuzione organizzativa. La cosiddetta umanizzazione degli ospedali (e in genere dei servizi preposti alla salute del cittadino), comincia proprio con l'interesse partecipativo di chi ci lavora, ed è certo che non si può raggiungere la qualità delle cure se non si fa passare una cultura nuova, di valorizzazione professionale di medici, biologi, tecnici e infermieri. Con una novità molto più umanizzante delle volenterose piante verdi che stanno comparendo un po' dappertutto: la formazione dei curanti dovrà avere come punto di riferimento la persona nel suo complesso e non solo la preparazione scientifica e tecnico-operativa. Ma la qualità di queste relazioni dipende molto spesso dalle condizioni di lavoro riservate al personale: contano condizioni come il coinvolgimento, la formazione, l'aggiornamento continuo professionale, la capacità del direttore di divisione di fare squadra, di stimolare motivazioni intellettuali e creare un'organizzazione che cura con grande attenzione la continua crescita professionale".
Si tratta di opinioni largamente condivisibili, che sfondano porte aperte. Purtroppo, anche nelle realtà dove sono propagandate, si rivelano spesso vuote formule, parole d'ordine che rimangono nella lettera, ma non nello spirito, verbi che non si fanno mai carne.
Siamo, ahinoi, ancora lontani anni luce da una cultura organizzativa davvero nuova, estranea all'arroganza, all'immobilismo e ai privilegi.

Monday, September 25, 2006

Tendenze

Di fronte alla crescita del numero di anziani e di malati cronici, la sanità del futuro, nei paesi a più elevato sviluppo economico, prevede una deospedalizzazione delle cure a favore di interventi di assistenza da erogare sul territorio. Crescerà l'importanza strategica del medico di medicina generale e quella dell'infermiere che, per ragioni di costi e di organizzazione, assumerà responsabilità e funzioni fino ad ora esercitate dalla classe medica.