Saturday, July 19, 2008

Professori e fannulloni

Stamattina al lavoro è andata abbastanza bene. Nessuna emergenza vera. Qualcuno con la febbre, un altro con il vomito, il paziente della prima stanza che desaturava, quello accanto agitato, il signore del letto 25 che non riusciva ad urinare. Problemi cui si può ovviare: un po' di tachipirina, un plasil intramuscolo, un po' di ossigeno, una sorveglianza assidua, un cateterismo estemporaneo e si ottiene una risoluzione dei sintomi almeno temporanea. Certo, tutti i degenti hanno il loro problema personale, tutti abbisognano di aiuto personalizzato e poi c'è il telefono che squilla in continuazione, spesso con le richieste più strane e ci sono le incombenze amministrative. Si arriva allo scambio di consegne col turno successivo con l'unico desiderio di buttarsi su un letto e dormire un paio d'ore, per smaltire la fatica.
Eppure da un po' di tempo in qua è diventata moneta corrente l'equazione dipendente pubblico = fannullone. Già, nessuno può sfuggire alle ingiurie della gente e del tempo, diceva il saggio. Pazienza, non è l'amor proprio il problema fondamentale.
Aggiungo che sulle assenze per malattia posso anche essere d'accordo. Non mi piacciono gli arroccamenti demagogici e trovo ingiusto che chi sta a casa guadagni quanto chi sgobba sul posto di lavoro e manda avanti la baracca. Diciamocelo francamente: se mettersi in mutua è economicamente conveniente, è ovvio che molti vi ricorrano, anche se si tratta di comportamenti eticamente censurabili.
Sono però deluso dall'approccio semplificatorio del ministro Brunetta. Da un aspirante premio Nobel per l'Economia mi aspettavo di più. Non è riducendo le assenze per malattia e punendo i dipendenti pubblici che si migliorano le prestazioni della Pubblica Amministrazione. Non è nemmeno appellandosi al principio di autorità (parente stretto dell'autoritarismo e diverso dall'autorevolezza), al rispetto delle gerarchie, al potere dei capiufficio, come invoca l'altro ministro Sacconi, che si modernizza l'apparato. Semmai si tenta una regressione all'Ottocento.
Quanti giorni sono andato al lavoro motivatissimo e dopo un quarto d'ora avevo soltanto voglia di mandare tutti a quel paese. Per usare un eufemismo, diciamo che la cultura manageriale vigente in molti settori dirigenziali della Pubblica Amministrazione appare inadeguata. Non lo dico io, ma in Italia quanto a trasparenza, orientamento al risultato, meritocrazia, valutazione e controllo delle prestazioni erogate siamo messi male. Diffondiamo le pratiche manageriali migliori, mettiamo a disposizione di tutti non ferrivecchi degni dell'ex economia sovietica, ma organizzazioni al passo coi tempi, con obiettivi ben definiti, validati e controllati da organismi indipendenti. Penalizziamo gli incompetenti, i furbi e gli opportunisti, che talvolta si annidano anche tra i vertici organizzativi, come eloquentemente dimostrano i recentissimi scandali sanitari ed evitiamo che le persone intelligenti e volonterose si trovino a disagio e demotivate perchè costrette a prendere ordini incongrui e irrazionali. Insomma, ascoltiamo stavolta il professor Ichino e adottiamo i suoi consigli, anche se provengono dall'opposizione. Per il bene della nazione.