Dai libri al cinema: come cambiare l’immaginario sull’infermiere

Nel dibattito sull’immagine degli infermieri, spesso si sottovaluta quanto l’immaginario collettivo sia influenzato da libri, film e serie TV. Non basta la competenza: la percezione esterna del nostro ruolo resta confusa e, talvolta, stereotipata.

L’infermiere nella letteratura

Molti scrittori sembrano avere idee chiare sul ruolo dell’infermiere, ma spesso cadono in stereotipi: il termine “infermiere” diventa sinonimo di “non medico”, con un’enfasi su fisicità e, talvolta, caratteristiche personali esagerate. Mario Desiati, in È proibito amare, mostra la confusione dei giovani lettori sul mestiere, mentre Maurizio De Giovanni, in Gli occhi di Sara, descrive infermiere materne e concrete, in cui la corporeità diventa parte integrante del lavoro.

Il problema? Questo tipo di immaginario contribuisce alla scarsa attrattività della professione e alla confusione della società sulle competenze infermieristiche reali.

Cinema e TV: tra stereotipi e ritratti realistici

Il cinema ha storicamente contribuito a creare figure iconiche, talvolta ingiuste o distorte. Pensiamo a Mildred Ratched di Qualcuno volò sul nido del cuculo: rigida, autoritaria, quasi disumana. Opposta a lei, Candy Candy, negli anni ’80, mostrava una giovane infermiera coraggiosa, determinata e resiliente, capace di affrontare sfide personali e professionali.

In Italia, purtroppo, gli stereotipi sessualizzati – dalle commedie a basso costo agli sketch televisivi – hanno consolidato un’immagine poco realistica, rendendo difficile valorizzare la professione agli occhi del pubblico.

L’ultimo turno: la rappresentazione realistica

Un cambio di prospettiva arriva con il film L’ultimo turno di Petra Volpe, tratto dal romanzo della giovane infermiera tedesca Madeline Calvelage. Ambientato in ospedali svizzeri ipertecnologici e ordinati, il film racconta la quotidianità infermieristica con realismo, senza cadere in cliché. I turni notturni, l’empatia, gli errori inevitabili: tutto è mostrato con una lente documentaristica che mette in luce le difficoltà e la centralità della nostra professione.

Non si tratta di pietà o compassione: lo spettatore comprende che il problema degli infermieri è un problema collettivo, e che la società deve riconoscere e valorizzare questi professionisti in prima linea.

Una sfida per tutti

La domanda rimane aperta: è giusto che le professioni di cura siano così poco raccontate e valorizzate, in un mondo che avrà sempre più bisogno di loro?

Per gli infermieri, per gli studenti, per chi ama la cura: è un invito a cambiare narrazione, a far conoscere il nostro lavoro con verità, empatia e professionalità.

Riferimento bibliografico:

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