Fuori i parenti!
Un tempo, ma sarebbe meglio dire che la pratica vige tuttora in talune realtà, esistevano infermieri (ma più spesso era la caposala), la cui abilità precipua consisteva nel mantenere l'ordine e la disciplina in reparto, facendo rispettare in maniera rigida gli orari delle visite, talvolta persino riducendoli con zelo. Insomma, l'autorità di mandar fuori i familiari dei malati era molto apprezzata, non di rado dagli stessi vertici gerarchici. I parenti, o visitatori come oggi con maggiore eleganza vengono chiamati, non vanno idealizzati: è vero, a volte con le loro continue richieste, turbano lo svolgimento delle normali attività di reparto e, in taluni casi, si spingono anche oltre. Tuttavia il malato li attende con trepidazione, li vede con piacere. Giocano, insomma, un ruolo positivo nel processo di cura e, quando possibile, di guarigione. "Fuori i parenti!" è un ordine destinato a risuonare sempre meno nelle nostre corsie. Una ricerca, infatti, condotta presso l'Unità di cura intensiva cardiologica geriatrica dell'azienda ospedaliero-universitaria di Careggi, Firenze, (N. Marchionni, "Più salute con le corsie aperte", Sole Sanità 7-13 marzo 2006) dimostra che, se da un lato non è vero che un afflusso più protratto dei familiari incide negativamente sulla frequenza delle infezioni, è invece provato che orari più ampi di accesso riducano le complicazioni cliniche, fatte salve, naturalmente, le normali precauzioni di salvaguardia dell'igiene ambientale. I risultati sono corroborati da altri lavori scientifici statunitensi. La presenza dei familiari riduce l'ansia dell'ammalato e, di conseguenza, l'increzione degli ormoni dello stress.
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