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Via gli infermieri dall'università

Scrive sull'ultimo numero de L'Espresso Silvio Garattini, direttore dell'Istituto Mario Negri di Milano, per altri versi scienziato e organizzatore di molti meriti: "Abbiamo troppe facoltà che vogliono fare tutto: dalla formazione degli infermieri ai dottori di ricerca ( già, il fondo del barile e l'empireo, l'alfa e l'omega, ndr ) mentre bisognerebbe ben distinguere le scuole che formano tecnici da quelle che preparano i dirigenti". Insomma, pare che la presenza degli infermieri corrompa, secondo l'esimio professore, la purezza della già pericolante università italiana. Ma guardi, caro professore, che non soltanto in Italia gli infermieri si formano all'università: accade in tutti quei Paesi avanzati, cui noi guardiamo con ammirazione. Sul Sole Sanità mi capita poi di leggere un trafiletto rigorosamente anonimo, dal titolo "Dottori sì... col vocabolario", in cui si ironizza sul titolo di "dottore", che potrebbe essere co...

Una nuova cultura organizzativa

Scrive il professor Umberto Veronesi, ex ministro della Sanità, su L'Espresso , datato 26 ottobre 2006, nell'articolo dal titolo "Veronesi Hospital": "E' inutile acquistare apparecchiature modernissime e preoccuparsi di gestire le alte tecnologie, quando si dimentica che il vero valore aggiunto di un'impresa sono le risorse umane. Nella sanità, che non è tarata sul profitto, ma che va comunque gestita come impresa, non si può rischiare di aumentare ancora di più il gap tra evoluzione tecnologica e involuzione organizzativa. La cosiddetta umanizzazione degli ospedali (e in genere dei servizi preposti alla salute del cittadino), comincia proprio con l'interesse partecipativo di chi ci lavora, ed è certo che non si può raggiungere la qualità delle cure se non si fa passare una cultura nuova, di valorizzazione professionale di medici, biologi, tecnici e infermieri . Con una novità molto più umanizzante delle volenterose piante verdi che stanno comparendo ...

Lontani dai malati

"Nella sanità in alcune regioni più di un quarto degli infermieri si mette in malattia e può essere adibito solo a funzioni di ufficio, lontano dalle corsie, dai malati". Questo scrive Tito Boeri, valente economista su La Stampa di oggi ("Finanziaria inadeguata"), segnalando, a suo modo di vedere, una delle emergenze del sistema-paese. E certo si tratta di un fenomeno su cui bisogna seriamente riflettere. Aggiungendo però, per completare il quadro e per amore di verità, che molti infermieri animati da competenza e buona volontà, con la possibilità di fare di più per i malati, sono frenati da ambienti organizzativi obsoleti, zero autonomia, salari bassi, scarsi incentivi e minime possibilità di migliorare la propria posizione professionale. Senza una visione più articolata e senza mettere mano a una revisione più radicale di quella che è oggi l'organizzazione sanitaria italiana, con le sue rendite di posizione e i privilegi feudali di cui godono talune categorie...

Stress in aumento per medici e infermieri

E' quanto è emerso da una ricerca condotta dal centro di formazione Albert Schweitzer in 5 ospedali piemontesi (Asl Verbano-Cusio-Ossola, Asl di Chieri-Moncalieri-Carmagnola, ospedali Molinette, Regina Margherita e Sant'Anna di Torino), su un campione di oltre 5000 operatori sanitari. Lo stress risulta causato soprattutto dagli orari e dai ritmi di lavoro, da un'insufficiente libertà personale, dall'aggressività e invadenza da parte di pazienti e familiari, ma anche dal sensazionalismo sulla cosiddetta "malasanità", dall'assenza di meritocrazia, dal reddito insufficiente e dalla solitudine.

In aumento le aggressioni fisiche e verbali agli operatori sanitari

A lanciare l'allarme sono statistiche spagnole. Le autorità e le organizzazioni preposte hanno messo in atto dei programmi per contenere il fenomeno, che si manifesta in forme anche gravi di intimidazione e violenza e che riconosce varie radici, non ultima il disadattamento sociale degli aggressori. I programmi contengono training per migliorare la comunicazione e gestire le situazioni di crisi, rivolti agli operatori stessi, ma c'è chi, come la Sociedad Espanola de Medicina General, ricorre a rimedi più drastici: "Il sistema deve far capire al paziente (e ai suoi familiari, ndr) che nessun atto violento. verbale o fisico, gli procurerà vantaggi, anzi dovrà essere perseguito penalmente e amministrativamente, per esempio, mediante la sospensione temporanea del diritto all'assistenza sanitaria garatuita". Come non essere d'accordo. Il cittadino, prima di essere blandito, dovrebbe, a mio avviso, essere responsabilizzato. Forse è un modo più onesto per restituirgl...

Cure and care

Si ritiene che gli infermieri migliori siano quelli che lavorano nei reparti ipertecnologici, laddove la posta in gioco, la vita del paziente, è alta e la sfida per sconfiggere la malattia acuta, "eroica" ed entusiasmante. Ed è senz'altro vero che prestare la propria attività in contesti operativi, come ad esempio la terapia intensiva, la rianimazione, la sala operatoria, il pronto soccorso, la medicina d'urgenza, richiede abilità e competenze non comuni. Ma è altrettanto vero che la cultura occidentale deve apprestarsi a valorizzare altre prerogative: il prendersi cura del paziente nella sua totalità, la continuità assistenziale, il lavoro routinario, ma prezioso, che caratterizzano l'assistenza di un'altra tipologia di paziente: l'anziano, il disabile, il malato terminale, il paziente cronico. Anzi, proprio i bisogni e i problemi evidenziati dalla condizione di cronicità costituiscono l'incognita più impellente per i sistemi sanitari occidentali. L...

"E' il personale infermieristico la vera anima degli ospedali e la loro presenza è fondamentale"

Si tratta della conclusione cui è giunta una ricerca svolta presso la School of Public Healt dell'Università della California, Los Angeles, da Jack Needleman e collaboratori (Needleman J, Buerhaus PI et al. Nurse staffing in hospital: is there a business case for quality? Health Affairs 2006; 25(1): 204-211). Un numero congruo di infermieri diplomati e l'incremento degli investimenti sull'assistenza infermieristica in termini di ore lavorate riduce il numero di pazienti deceduti, la durata delle degenze e l'incidenza delle complicanze legate al ricovero. Eccellenti risultati si ottengono anche dotando gli infermieri di adeguato personale di supporto.