Sunday, April 27, 2025

Ci vuole un fisico (e una testa) bestiale

Eh sì, ci vuole un fisico bestiale per svolgere certe professioni.

Prendiamo l’infermiere: carenze di organico, turni incalzanti, scarse possibilità di pieno recupero fisico e mentale, organizzazioni tutt'altro che accoglienti, retribuzioni che non rendono giustizia alla responsabilità e all'impegno richiesti.
E poi, un nemico da affrontare: la malattia.
Subdola, insidiosa, imprevedibile come il mare nei romanzi di Conrad.

Un nemico che non dà tregua, che ti costringe a un aggiornamento continuo.
Leggi soltanto paper scientifici, frequenti corsi di formazione. Se provi a studiare altro, lo fai a intermittenza, di nascosto, nei pochi giorni di vacanza, con addosso il senso di colpa — perché intanto la famiglia reclama il suo spazio, e il pensiero dei malati ti insegue.

Anche leggere un romanzo, che non sia semplice "trash-fiction", diventa un'impresa.
Lo affronti a spizzichi e bocconi, spesso costretto a interromperlo e riprenderlo più volte, soprattutto se è un romanzo complesso, affollato di personaggi.
Nel malaugurato caso si legga sotto l’ombrellone, è un disastro: le pagine si ungono di crema abbronzante, il caldo, il chiacchiericcio, la musica di sottofondo ti svuotano la testa.
Il cervello — è noto — non regge la sovrastimolazione sensoriale.
E, per soprammercato, ti senti in colpa.
Hai tradito il malato. Sei stato troppo indulgente con te stesso. Hai abbassato la guardia nella lotta quotidiana contro la balena bianca: la malattia.
Così, molte letture vengono rimandate alla pensione.
Quando, però, arrivano gli acciacchi e il calo di energia. E allora sei fregato.

Non so se sia un’esperienza universale. Ma so che è molto, troppo diffusa fra chi prende davvero sul serio questa professione.

I dati parlano chiaro: tra il 2021 e il 2022, oltre 15.000 infermieri a tempo indeterminato hanno lasciato la sanità pubblica, e più del 20% ha cambiato vita e lavoro.
Un'altra fonte racconta che 6 professionisti su 10 pensano di abbandonare, e che un quarto di loro lo fa davvero.
La carenza di infermieri in Italia non è un problema contingente: è strutturale, cronico, in peggioramento.
Mancano più di 220.000 infermieri rispetto agli standard europei.
Chi resta, resta schiacciato sotto una pressione insostenibile.

Eh sì...
Ci vuole un fisico bestiale.
E anche una psiche d'acciaio.

Sunday, April 20, 2025

Nursing Sensitive Outcomes (NSOs): misurare il valore dell’assistenza infermieristica

Nel contesto sanitario contemporaneo, sempre più orientato alla qualità, alla sicurezza e alla valutazione delle performance, gli esiti sensibili all’assistenza infermieristica, noti come Nursing Sensitive Outcomes (NSOs), rappresentano una leva fondamentale per misurare l’impatto concreto dell’agire infermieristico sulla salute dei pazienti. Questi indicatori permettono di valutare il contributo specifico dell'infermiere nel miglioramento degli esiti clinici, dell’esperienza del paziente e dell’efficienza del sistema.

Cosa sono gli NSOs?

Gli NSOs sono esiti clinici, funzionali o esperienziali del paziente che sono influenzati direttamente o indirettamente dall’assistenza infermieristica. In altre parole, si tratta di cambiamenti nello stato di salute del paziente che possono essere ricondotti all’intervento, alla vigilanza e al supporto continuo degli infermieri.

Non tutti gli esiti clinici sono NSOs. Per essere definiti tali, devono avere tre caratteristiche principali:

  1. Essere direttamente influenzabili dall’assistenza infermieristica.

  2. Essere misurabili in modo valido e affidabile.

  3. Essere clinicamente rilevanti e significativi per i pazienti.

Tipologie di NSOs

Gli esiti sensibili all’assistenza infermieristica possono essere suddivisi in diverse categorie:

1. Esiti clinici

  • Lesioni da pressione

  • Cadute con danno

  • Infezioni del tratto urinario associate a catetere (CAUTI)

  • Polmonite associata a ventilazione (VAP)

  • Infezioni del sito chirurgico

  • Trombosi venosa profonda (TVP)

2. Esiti funzionali

  • Miglioramento nella mobilità

  • Ripristino dell’autonomia nelle attività della vita quotidiana

  • Riduzione del delirium o del deterioramento cognitivo

3. Esiti legati all’esperienza del paziente

  • Soddisfazione per le cure ricevute

  • Percezione di sicurezza e ascolto

  • Comfort e gestione del dolore

Perché sono importanti?

  1. Valorizzano il ruolo infermieristico. Gli NSOs consentono di documentare in modo oggettivo quanto l’assistenza infermieristica incida sul decorso clinico, sfatando l’idea che il lavoro dell’infermiere sia “invisibile” o “accessorio”.

  2. Migliorano la qualità delle cure. Misurare gli esiti consente ai servizi sanitari di monitorare e correggere tempestivamente le pratiche non efficaci o rischiose.

  3. Supportano le decisioni manageriali. Le direzioni sanitarie possono basarsi su dati reali per allocare risorse, pianificare turni e calibrare il mix di competenze.

  4. Contribuiscono alla sicurezza del paziente. Gli indicatori di esito aiutano a identificare precocemente situazioni a rischio e promuovono una cultura della prevenzione.

Il collegamento con lo staffing

Numerosi studi dimostrano una correlazione tra il livello di staffing infermieristico (in particolare il rapporto infermiere/paziente e la presenza di personale laureato) e il miglioramento degli NSOs. Infermieri sovraccarichi o in numero insufficiente portano inevitabilmente a un aumento degli eventi avversi evitabili, come infezioni, cadute e ulcere da pressione.

Implementazione nella pratica clinica

L’introduzione degli NSOs richiede:

  • Sistemi informativi efficienti per la raccolta e l’analisi dei dati.

  • Formazione del personale sulla rilevanza e la modalità di rilevazione degli indicatori.

  • Un approccio integrato tra clinici, coordinatori e direzioni.

In Italia, l’interesse verso gli NSOs sta crescendo, ma permane una certa disomogeneità nella raccolta dati e nell’uso sistematico di questi indicatori, soprattutto nei piccoli ospedali e nelle strutture territoriali.

Conclusioni

Gli Nursing Sensitive Outcomes non sono solo numeri da riportare in un cruscotto di qualità, ma rappresentano lo specchio della cura infermieristica. Rilevarli e interpretarli consente di rendere visibile il valore aggiunto dell’infermiere, di migliorare l’assistenza e, in ultima analisi, di garantire cure più sicure, umane ed efficaci. Per il futuro della professione, investire sugli NSOs significa anche dare voce ai risultati di un lavoro silenzioso ma cruciale.


Bibliografia essenziale

  1. National Quality Forum (NQF). Nursing-Sensitive Care Performance Measures. Washington DC: NQF, 2019.

  2. Doran, D. (Ed.). (2011). Nursing Outcomes: The State of the Science. 2nd ed. Sudbury, MA: Jones & Bartlett.

  3. Aiken, L.H., et al. (2014). Nurse staffing and education and hospital mortality in nine European countries: A retrospective observational study. The Lancet, 383(9931), 1824–1830.

  4. Donabedian, A. (1988). The quality of care: How can it be assessed? JAMA, 260(12), 1743–1748.

  5. Needleman, J., et al. (2002). Nurse-staffing levels and the quality of care in hospitals. New England Journal of Medicine, 346(22), 1715–1722.

  6. Ministero della Salute (Italia). Piano Nazionale Esiti – Report 2023.

  7. Cappelletti A., et al. (2021). Esiti sensibili all’assistenza infermieristica: una revisione della letteratura italiana. Professioni Infermieristiche, 74(1), 12–18.

Scrivere per assistere: l’arte (e la responsabilità) delle note infermieristiche ben fatte

Le note infermieristiche non sono burocrazia. Non sono nemmeno un’incombenza da sbrigare a fine turno. Sono uno strumento clinico, comunicativo, giuridico. Eppure, ogni giorno, nei reparti italiani si leggono annotazioni frettolose, criptiche, insufficienti o ridondanti.

Scrivere bene le note significa prendersi cura anche della documentazione, della continuità assistenziale, della sicurezza del paziente e della tutela legale di chi ha agito. Ma allora: come si redige una nota infermieristica efficace?


1. La nota infermieristica è un atto professionale

Prima regola: non è un diario personale, né un riassunto generico della giornata. È un atto clinico, parte integrante della cartella. Deve:

  • descrivere ciò che è stato osservato, fatto o rilevato;

  • essere oggettiva, concisa, ordinata;

  • essere datata, firmata, e riferita al paziente in modo univoco;

  • rispettare i principi di veridicità e tracciabilità (scrivi solo ciò che hai fatto o visto, non ciò che “avresti dovuto fare”).


2. Che cosa scrivere (e che cosa no)

Una buona nota infermieristica risponde a quattro domande chiave:

  • Chi è il paziente oggi? (condizioni cliniche, parametri, segni osservati)

  • Cosa ho fatto per lui? (interventi, trattamenti, educazione)

  • Cosa ha fatto o detto lui? (reazioni, collaboratività, dolore, cambiamenti)

  • Cosa devo segnalare per chi viene dopo? (problemi aperti, esiti da controllare, bisogni emergenti)

Evita invece:

  • giudizi personali (“paziente antipatico”, “lagnoso”);

  • supposizioni (“probabilmente non ha urinato perché…”);

  • frasi vaghe (“nella norma”, “abbastanza collaborante”);

  • sigle non standard o abbreviazioni ambigue.


3. Come scrivere: forma e stile

  • Scrivi in modo sintetico, ma completo. Niente romanzi, ma nemmeno elenchi telegrafici senza nesso.

  • Usa sempre i tempi passati (es. "somministrata terapia prescritta alle 18:00").

  • Evita il copia/incolla seriale: ogni paziente è unico e ogni turno diverso.

  • Segui un ordine logico: inizio giornata, interventi svolti, osservazioni, consegne.

  • Non usare il futuro né il condizionale ("si dovrebbe fare", "probabile cambio..."): scrivi ciò che è certo e già fatto.


4. Un esempio concreto (buono e cattivo)

Esempio scorretto:
“Paz. agitato. Terapia ok. Tutto regolare. Nulla da segnalare.”

Esempio corretto:
“Alle 22:30 paziente agitato, lamenta dolore alla ferita chirurgica (scala NRS 6/10). Avvisato medico reperibile, somministrato Paracetamolo 1g ev come da prescrizione. Rilevati parametri: PA 145/90, FC 92, SatO₂ 96%, T 37,2°C. Monitorato fino alle 23:10, paziente più tranquillo. Consegna al turno notturno di monitorare dolore e risposta alla terapia.”


5. Le note sono anche uno scudo legale

In caso di contenzioso, la nota infermieristica è l’unica prova scritta di ciò che hai fatto. Se non è scritta, non esiste. E se è scritta male, può ritorcersi contro. Per questo:

  • sii scrupoloso ma onesto;

  • non “aggiustare” retroattivamente le note;

  • non scrivere mai con tono polemico (es. “paziente rifiuta ogni trattamento nonostante i ripetuti tentativi” – meglio: “informato su necessità di terapia, rifiuta con consapevolezza, documentato consenso informato rifiutato”).


Conclusione: la parola che cura

Scrivere note infermieristiche ben fatte non è un lusso né un fastidio. È parte della competenza professionale. E, come ogni competenza, si affina con la pratica, la supervisione e l’etica.

La parola, nel nostro lavoro, non è mai neutra. È un atto di cura. Anche quando prende la forma di una nota in cartella.


Friday, April 18, 2025

Joseph Conrad e l'infermieristica

 Ci sono mestieri che si svolgono sulla terraferma e altri che si affrontano in mare aperto. Ma talvolta, pur restando tra le mura di un ospedale, ci si ritrova in mezzo a una burrasca. Leggendo Joseph Conrad, scrittore anglopolacco e capitano di lungo corso, si coglie con chiarezza quanto la vita del marinaio, fatta di attese, improvvisi capovolgimenti e dure prove morali, possa assomigliare alla professione infermieristica.

Conrad ha raccontato il mare come simbolo dell’imprevedibilità della vita. Il suo Tifone ne è un esempio emblematico: una nave solca acque calme, ma all’improvviso il cielo si chiude e l’oceano si scatena. Così è anche nel nostro lavoro: un turno inizia tranquillo, il reparto sembra gestibile, e poi – senza preavviso – la situazione muta. Un codice si aggrava, una complicazione irrompe, un paziente precipita. L’emergenza è come una burrasca improvvisa: richiede lucidità, prontezza, sangue freddo.

È proprio in questi momenti che si misura una parte importante del valore dell’infermiere. Non sempre chi interviene con efficacia è il più alto in grado, o il più titolato. Spesso, come nei romanzi di Conrad, sono la prontezza, l’intuito, l’esperienza vissuta a bordo – cioè sul campo – a fare la differenza. E a volte non è chi sta più in alto nella gerarchia a condurre in salvo la nave, o il paziente. 

L'errore è sempre in agguato. Conrad lo racconta bene in Lord Jim: un errore, un attimo di esitazione, possono segnare una vita. Così è in corsia. Sappiamo che il nostro margine d’errore è sottile. 

Tuttavia, è bene ricordarlo: il valore dell’infermiere non si misura solo nella gestione dell’emergenza. Anzi, è nella routine che si rivela il carattere profondo di questo mestiere. È lì, nel quotidiano, nella cura costante, nei gesti ripetuti, nell’ascolto paziente, nel prevedere e prevenire complicazioni che si costruisce fiducia e si accompagna davvero la persona malata. La bonaccia può durare ore, giorni, ma proprio in quei momenti si vede chi sa restare vigile, presente, umano.

Primo Levi, nella Chiave a stella, raccontava la bellezza del lavoro ben fatto, dell’ingegno applicato alle difficoltà pratiche. Parlava del lavoro dell’uomo che usa le mani e la testa per affrontare problemi concreti. Non si riferiva al mare, ma a quell’universo di sfide che ogni mestiere autentico porta con sé. E che costituiscono la bellezza del lavoro. Anche del nostro. Ed è proprio questa continua necessità di affrontare l’imprevedibilità della malattia, ma anche di presidiare la normalità, che rende il lavoro infermieristico così complesso e, a suo modo, nobile.

Nessuno salva una nave da solo. Nessuno salva un paziente da solo. Serve affiatamento, coordinazione, rispetto dei ruoli. Serve fidarsi del collega, saper ascoltare, dare una mano quando l’altro è in affanno. È il lavoro di squadra – spesso silenzioso e poco celebrato – che permette di attraversare indenni la tempesta. Così come la buona navigazione nasce da un equipaggio che conosce la propria rotta e rema insieme.

Le nubi possono addensarsi in fretta. E quando arriva il tifone, solo chi ha nervi saldi, senso del dovere e spirito di solidarietà può affrontarlo senza cedere. I marinai lo sanno. Gli infermieri pure. E anche Joseph Conrad lo sapeva.